Miriam DAmbrosio
La domenica sta per finire, è una notte strana, di luna piena, magica, inquietante, malandrina, capace di trasfigurare la realtà. Notte di ululati che trascorre frenetica sotto la luce fredda di un Pronto Soccorso dove è di turno il giovane dottor Galvan, Gerard Galvan, medico che compie il suo tirocinio e sogna un futuro da primario.
«La mia famiglia, tutti medici dai tempi di Molière - fa sapere - perché la medicina è la prima delle malattie ereditarie». Quello che Molière pensava della categoria è noto e Daniel Pennac sembra essere d'accordo nel suo La lunga notte del dottor Galvan, tradotto e adattato per la scena dal regista Giorgio Gallione (il sodalizio tra lo scrittore francese e il regista genovese dura da anni) e incarnato da Neri Marcorè, con il suo garbo e la sua eleganza e quel talento nel porgere qualunque battuta in una maniera sempre lontana dalla banalità.
Surreale, visionario, ingenuamente malizioso nei suoi passaggi veloci da un personaggio all'altro, Marcorè mescola sensibilità, naturalezza, forza, dolcezza e lascia affiorare trasparenza, ironia, la tenerezza di un giovane medico sempre pronto a sostituire i colleghi, con i suoi sogni di gloria non più intatti. Neri Marcorè è un bravo attore ed è l'interprete perfetto di questa creatura nata dalla fantasia di Pennac, il sedicente «compassionevole Galvan», una sorta di capro espiatorio che si scontra con l'opportunismo degli altri medici. È bellissima la scena di Guido Fiorato, letti d'ospedale legati l'uno all'altro e sospesi con catene, in alto. Spiccano in volo all'improvviso, come esseri viventi che si tengono per mano. La materia si solleva, il sogno di un futuro migliore si presenta sotto forma di un folle malato, quasi moribondo, che sa dire soltanto: «Non mi sento tanto bene». Salvo poi sparire e presentarsi il mattino dopo sano ed elegante, «risorto» come una beffa fatta carne. E Neri Marcorè, leggero, stregato dalla luna, in scena diventa tutto, uomo, donna, linfoma. Si moltiplica e sul palco sembra di vedere più persone, movimento di camici e barelle, brulichio umano tra i muri scrostati di un pronto soccorso qualunque. La luna evocata, lo straniamento, l'alienazione dei medici che vince quella dei pazienti, il candore di Galvan, tutto appare come un sogno-incubo. Chissà, forse è proprio così.
La lunga notte del dottor Galvan, testo pubblicato in Italia da Feltrinelli e inedito in Francia, un divertimento per Daniel Pennac, una breve citazione di Molière, un'ulteriore prova riuscita per Gallione e la sua idea di teatro.
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