Transizione energetica

L'errore da non ripetere sulla transizione energetica

Alessandro Volpi, storico al Dipartimento di Scienze Politiche all'Università di Pisa, nel suo recente saggio Crisi energetica - Le ragioni di un'emergenza spiega che la transizione sarà vincente solo se saprà andare a beneficio dei cittadini e non del sistema finanziario

Lezioni della transizione: chi vince nella crisi energetica?

Nel 2019 la bolletta energetica per le imprese italiane era pari a 8 miliardi di euro, nel 2023 sarò nove volte maggiore e ammonterà, secondo le stime, a 72 miliardi. I prezzi medi al consumo dell'elettricità arriveranno attorno a 500 euro al MWh, raddoppiando rispetto al 2021. Il rischio di una "tempesta" energetica per il sistema-Paese e per l'Europa è ben più che una realtà. In un sistema che ha vincitori e vinti, ci sono però utili lezioni da cogliere per strutturare con forza la transizione energetica in forma sostenibile.

A studiarle il professor Alessandro Volpi, storico al Dipartimento di Scienze Politiche all'Università di Pisa, che nel suo recente saggio Crisi energetica - Le ragioni di un'emergenza edito per i tipi de "La Vela" va oltre molti dogmatismi e offre una via di soluzione. In sostanza, nota Volpi, i colli di bottiglia, la Scilla e la Cariddi, che minacciano il sistema energetico europeo, e dunque quello italiano, sono due. Da un lato, le scommesse rialziste sul gas naturale promuovono un sistema in cui l'oro blu si trova a essere oggetto del desiderio in quanto risorsa centrale per la generazione elettrica odierna e ponte per la transizione, ma anche abbandonato in un tourbillon speculativo su cui si muovono mercati come il Ttf; dall'altro, scrive Volpi, "i mercati", sia quello del gas che quello dell'elettricità, si basano "su contratti giornalieri e non su contratti di medio-lungo periodo". Tali contratti "risentono moltissimo della variabilità delle speculazioni" in forma maggiore a quanto avviene sul fronte del mercato Usa.

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Questi temi vanno tenuti in considerazione nel programmare la transizione energetica in un contesto in cui il tema è centrale sul fronte del Next Generation Eu (Recovery Fund), di cui le politiche per lo sviluppo sostenibile rappresentano oltre un terzo dei fondi. E in cui bisognerà bilanciare apertamente diverse questioni: la necessità di promuovere l'efficienza energetica come driver economico; l'attenzione ai mercati in modo tale da prevenire un'eccessiva finanziarizzazione; la tutela, fondamentale, dei consumatori.

Volpi ammonisce che senza modificare i meccanismi in questione "la costruzione di un dovere etico alla lotta contro il cambiamento climatico rischia di essere sfruttata dagli attori della finanza privata per scommettere cifre strabilianti nel casinò finanziario", nella certezza che "proprio la narrazione dell'indispensabilità della transizione garantirà loro enormi plusvalenze" se non accompagnata da dovute regole. La transizione deve essere quella giusta e graduale capace di promuovere visioni di consolidamento del sistema produttivo correggendone le storture e mettendolo al servizio dell'uomo: ne hanno scritto grandi pensatori come Papa Benedetto XVI e Papa Francesco (encicliche Caritas in Veritate e Laudato Sì) nel campo cattolico; Branko Milanovic e Jeffrey Sachs nel quadro degli studi sull'economia e le disuguaglianze; Vanadana Shiva in campo dell'attivismo per i popoli del Terzo Mondo. In Italia hanno sottolineato questi temi studiosi del calibro di Stefano Zamagni e Fabrizio Barca. Da mondi diversi, la visione si contrappone alla transizione secondo il mainstream finanziario, riassumibile nell'ultima lettera agli azionisti di inizio anno di Larry Fink, Ceo di BlackRock.

Fink, nella sua lettera di inizio anno (con un titolo manifesto: Il potere del capitalismo) aveva annunciato la sua personale visione riguardante la critica di un tipo "politicamente corretto" di ambientalismo, sottolineando che il green e la transizione sarebbero stati vantaggiosi e la finanza sostenibile veramente definibile tale solo di fronte alla capacità di generare utili per gli investitori: "Ci concentriamo sulla sostenibilità non perché siamo ecologisti, ma perché siamo capitalisti e siamo legati da un rapporto fiduciario verso i nostri clienti", scriveva Fink, in un messaggio che lasciava ai lettori una questione aperta di indubbio realismo, ovvero che la transizione energetica sarà possibile solo quando porterà opportunità di business e utile, ma anche la volontà di promuoverla come cosmesi e ennesima frontiera di un sistema già dimostratosi problematico nella gestione dei beni comuni.

Sarà solo rilanciando il connubio tra transizione energetica ed economia reale che la dicotomia si spezzerà e il benessere dei consumatori e delle imprese verrà prima di quello della finanza: progetti come le comunità energetiche, i piani decentralizzati di generazione e autoconsumo, financo il piccolo nucleare di prossimità possono essere soluzioni capaci di coniugare sostenibilità e sviluppo, avvicinando produzione e consumo nella generazione da rinnovabili. Mettersi in marcia verso il green senza modificare le logiche di iper-finanziarizzazione dei mercati che già hanno accelerato la crisi del gas e dell'elettricità è un rischio che il sistema non può permettersi. Al contempo, questo dovrà riflettersi in una diversa accessibilità dell'energia al pubblico, come nota Volpi: "trasferire una parte del costo delle bollette sulla fiscalità generale per renderle progressive, magari cancellando alcuni oneri di sistema non più giustificabili" e combattere per "la drastica riduzione degli strumenti della finanziarizzazione" dovrebbero essere a suo avviso gli "obbiettivi primari per evitare un rapido, ulteriore, impoverimento diffuso".

E mettere, davvero, la transizione al servizio dell'uomo e del suo sviluppo.

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