Trapianto di pelle biotech grazie alle staminali

La cute impiantata su 13 pazienti tra cui 7 bambini affetti da nevo gigante

Enza Cusmai

da Milano

La ricetta è miracolosa. Basta prelevare lembi di pelle sana e coltivare in laboratorio tre tipi diversi di cellule staminali che poi vengono fatte crescere su una membrana artificiale. Il risultato è sorprendente: una pelle nuova di zecca, completa di strato superficiale e profondo, da impiantare su quella parte del corpo devastato da cicatrici o da tumori. Il sogno di una pelle biotech è dunque diventato realtà e la chirurgia ricostruttiva ringrazia la sperimentazione made in Italy per il traguardo ottenuto. È infatti la prima volta al mondo che la pelle completa, derma ed epidermide, viene ricostruita in laboratorio e impiantata sull’uomo con ottimi risultati.
Per il momento la sperimentazione del nuovo sistema è stata applicata a tredici pazienti, sette dei quali bambini affetti da nevo gigante. Due degli altri pazienti invece avevano subito ferite traumatiche, tre avevano gravi e profonde cicatrici, uno era affetto da angiolipoma gigante, una neoplasia.
L’équipe di chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica che ha fatto centro è diretta da Nicolò Scuderi de La Sapienza di Roma che ieri ha annunciato la scoperta scientifica in occasione del primo congresso nazionale Corte (Conferenza italiana per lo studio e la ricerca sulle ulcere, piaghe, ferite e la riparazione tessutale).
«Le cellule staminali adulte - ha spiegato Scuderi - si utilizzano da quasi trent'anni in chirurgia plastica ma soltanto adesso, dopo tanti tentativi, si è riusciti a ricostruire la pelle intesa come intero organo», comprensivo cioè di derma ed epidermide. Finora in laboratorio era stato coltivato soltanto lo strato più esterno della pelle, l'epidermide. In Giappone e in Francia ci sono stati studi più avanzati ma nessuno è arrivato alle applicazioni cliniche avvenute in Italia.
Il primo intervento risale a circa due anni fa, l'ultimo alla settimana scorsa, «mentre altri tre casi - spiega l’esperto - sono in trattamento». I risultati sono «molto soddisfacenti». In un solo caso «l'attecchimento del nuovo lembo di pelle è stato del 100%, in tutti gli altri si aggira tra il 50 e l'80%». E quando la cute «one-step» non aderisce come dovrebbe, «è necessario un secondo innesto, che tuttavia ci consente di creare una pelle più spessa». Gli esperti hanno prelevato lembi di pelle sana dai 13 pazienti e coltivato in laboratorio tre diversi tipi di cellule staminali. Da qui, le cellule sono state fatte crescere su membrane artificiali di acido ialuronico, reimpiantate negli stessi pazienti per riparare lesioni molto gravi ed estese.
Per dar vita alla nuova cute «da un lato della membrana artificiale, quella interna, si applicano i fibroblasti, dall'altra i cheratinociti. In genere - prosegue Scuderi- facciamo lembi di 8cm per 8, ma potremmo creare anche interi metri quadri di cute». E il futuro guarda «alla vascolarizzazione delle parti applicate», ma anche alla creazione «di bulbi piliferi».
Pelle nuova sì ma solo in casi specifici. Chi pensa di trasferire questa scoperta alla chirurgia estetica sbaglia di grosso. Lo conferma un esperto in questa materia che commenta la scoperta di Scuderi.

«È un grosso successo per la chirurgia ricostruttiva necessaria a colmare perdite di sostanze, come accade nelle persone ustionate - commenta il chirurgo Paolo Santanchè - fino ad ora si usavano innesti sottili che non avevano la stessa efficacia. Ma la scoperta non si può applicare alla chirurgia estetica che ha ben altre esigenze».

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