Come trasformarsi in un tormentone senza perdere l'X-Factor

di Massimo M. Veronese

Ha la voce (un po'...) di Adele, la chioma focosa di Dalida e la cantilena di Colombina, veneto padovano non di Venezia ma comunque di influenze serenissime e quindi nobile uguale. Chiara Galiazzo piace perchè non fa niente per piacere: ha 27 anni la bellezza della felicità, neanche un filo di trucco e nessuna soggezione per i chili di troppo, che poi tanto di troppo non sono. Non ha la malizia smorfiosa di Lauriane Gilliéron, la spiona chic della Nespresso («George Clooney is inside!»), nè fa finta di essere la casalinga di Voghera come Belen che spignatta in cucina mentre il fidanzato in salotto gioca alla playstation con gli amici, plausibile come la rimonta del Milan in campionato. Ma con pane, amore e simpatia, mettendoci la faccia per la Tim, si è messa alle spalle come testimonial di quella che una volta era la Sip proprio Belen, che non tirava proprio, e Bianca Balti, che se la tirava troppo.
Un anno fa o poco più divideva un appartamentino con le amiche, aveva appena preso una laurea in economia, era stata scartata da Amici e lavorava da un paio di mesi per una finanziaria. In dodici mesi ha vinto a X-factor, partecipato a Sanremo, scalato le hit parade, infilato un tour che va come un treno, conquistato Eros Ramazzotti e Tiziano Ferro e sdoganato l'accento veneto nello spot più virale che c'è. Recita, nella pubblicità griffata Alessandro D'Alatri, quello che viveva fino a ieri, persino la sorella Barbara è vera (ma i genitori no). Da carneade a tormentone, da niente a persino troppo. Dice: «Sono semplicemente più felice di un anno fa perchè ora posso fare ciò che amo: cantare. E farlo per lavoro». Anche se il ritornello di Over the rainbow è uno stalker che ti pedina ossessivo dappertutto tanto che farlo esplodere e disintegrare con una miccia lunga che corre da qui a Judy Garland passando da Israel Kamakawiwo'ole. Pippo Baudo gliele ha cantate, anche Eros gliel'ha detto: sei dappertutto, così ti bruci. Ma la vita a volte è squisita nel scegliere i suoi castighi.
Perché Chiara Galiazzo, che sulla carta d'identità ha ancora scritto «studentessa» e sulla cover ha messo solo Chiara, è un'Italia di talento che però non fa la cresta, mica i tanti maestrini d'ignoranza che abitano i social, che si adatta a quello che capita e chi ha intorno e non lo insulta per partito preso senza manco sapere come si chiama, che se ti bacia non lo fa per disprezzo e che se ti mente («Cosa studio? Green economy... molto green...») non ti fa incazzare neanche un po', che somiglia alla gioventù dei nonni più che dei nipoti e che se esiste ancora la trovi in tv solo negli spot perché per le strade pubbliche e nelle «piazzepulite», vedi solo gioventù che grida e nessuno che abbia la sua voce.

Per la cronaca dice di cercare un uomo all'antica come lei, per questo il fidanzato non ce l'ha, che a piacergli sono spesso ragazzi gay, che vorrebbe cantare con Mina, scriversi le canzoni da sola, anche se poi dimentica le parole mentre canta davanti al Papa, come del resto sarebbe capitato a chiunque di noi tranne Al Bano. Bridget Jones di Saonara canta il futuro che sarà e non soltanto nei cd, ma non fatevi ingannare dalle apparenze: «Credo negli angeli ma frequento l'inferno». È la strofa di una sua canzone. Ma forse è anche lei.

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