«Ci vorranno dieci anni». Giuseppe Grechi, presidente della Corte dappello, non si fa illusioni sui tempi necessari per traslocare la giustizia milanese da Porta Vittoria a Porto di Mare. Ma è altrettanto netto nellaffermare che il trasloco si deve fare: «Qui dentro non ci si sta più».
Perché, presidente?
«Perché questo palazzo è vecchio. Non so se quando venne costruito era funzionale per le esigenze di allora, anche se ne dubito. Quello che è sicuro è che non è adeguato alle esigenze di oggi. E per rendersene conto basta entrare in una qualunque cancelleria e vedere lo stato in cui versa».
Qualcuno, tra i giudici e gli avvocati, non sarà contento di finire in periferia.
«Ma non veniamo mica deportati! Vadano a vedere cosa è accaduto in altre città... Qui invece andiamo a stare in una zona di pregio, servita in modo eccellente, e certamente più respirabile di questa in cui ci troviamo».
E del vecchio palazzo, di questo immenso monoblocco di marmo, che ne facciamo? Non si può neanche radere al suolo perché è un monumento vincolato.
«Il palazzo non appartiene a noi e non siamo noi a dover decidere. Io lo vedrei bene come un polo culturale che abbia come cuore una grande biblioteca. Certo, prima si dovrebbe depurarlo di quella porcheria fatta per necessità (il sopralzo del sesto e settimo piano realizzato negli anni Ottanta, ndr)».
Ci vorranno, lei dice, dieci anni. E nel frattempo cosa farete, vi arrangerete alla meno peggio?
«Neanche per sogno. Tra le condizioni che abbiamo messo per dare il via libera è che intanto proseguano i lavori necessari per dare spazi adeguati al nostro lavoro quotidiano.
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