Cronaca locale

Tre gioielli a Palazzo

P alazzo Reale. Sala delle Colonne. Sulla pedana approntata per l'occasione tre gioielli. I fortepiani Stein e Walter della collezione Giulini. Tre strumenti non solo importanti perchè usciti dalle stesse mani che fornivano a Mozart la tastiere per suonare e comporre (un Walter sta nella sua casa natale, a Salisburgo). Ma anche per la singolarità che consegna alle loro differenti fogge un preciso passaggio della storia della musica. La transizione dallo stile galante al classicismo viennese.
Dalle grazie del rococò alla purezza formale e contenutistica che anticipa le inquietudini dello Sturm und Drang. Lo Stein (dei fratelli Matthäus e Nanette e databile 1794), unico al mondo assieme a quello del Metropolitan museum, è infatti tutto un ricciolo verde e oro. Insomma un cembalo che sostituisce alle corde pizzicate quelle a percussione. Mentre i due sobri e eleganti Walter ( 1789 e 1796) hanno già la silhouette del pianoforte.
I tre pezzi, rigorosamente originali e scrupolosamente restaurati da Ferdinando Granziera persino nelle fragilissime corde metalliche, che sono sempre le stesse, escono dalla bottega dei due fabbricanti viennesi Stein e Walter. Tanto diversificati per l'aspetto e tutti supportati dalla meccanica viennese, vantano anche personalità sonore proprie.
Argentina, ambigua, galante le voce dello Stein. Ambrata quella di uno dei due Walter, decisamente vellutato e protoromantico il timbro dell'altro. I manufatti hanno casse lignee che ne determinano il colore. La ghisa e la produzione in serie arriveranno dopo. Non ci stanchiamo di guardarli e ascoltarli.
Torniamo con stupore al pensiero che Mozart e Beethoven (che reclamava a gran voce sonorità più robuste) avevano scritto per loro. Come su loro si erano formati Chopin e Liszt. Da sottolineare l'estensione limitata a cinque ottave o poco più.
Quale filologia vanno cercando oggi i nostri eroi su Steinway (americano) e Bösendorfer (austriaco)? Il suggestivo concerto del Quartetto (in collaborazione con il Comune) inaugura nel modo più raffinato le celebrazioni mozartiane della città. Due i fortepianisti, il tedesco Andreas Staier e Melvyn Tan, nato a Singapore. Aprono il programma, rigorosamente mozartiano, gomito a gomito, con la Sonata K 521 a quattro mani. Severo Staier, guizzante Tan. Poi Staier esegue da solo sul Walter più pastoso e dall'intonazione perfetta con tocco sicuro, leggero, lirico.
Ancora in due gli interpreti di sfidano sui due Walter. Nella Sonata K 448 che ora va all'unisono, ora dialoga esaltando la quadratura di uno e la fantasia quasi galante dell'orientale (che ci piace tanto). Lo Stein è tenuto di riserva per il bis.
Il concerto affollatissimo si replica subito dopo. Mentre, con altro interprete e programma sempre mozartiano, i tre strumenti continuano a celebrare il genio. Nel Ridotto dei Palchi della Scala, con ingresso gratuito, domani alle 17 e domenica alle 11.
Il significato dell'operazione ? Ovviamente storico e artistico.

Ma anche un recupero del passato senza il quale non sarebbe possibile capire il presente, i suoi dogmi e soprattutto le sue trasgressioni.

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