Tre milioni di italiani votano già tra un mese

Difficile il conteggio degli elettori: alcuni rischiano di non potersi esprimere perché non cancellati dall’anagrafe dei comuni d’origine

Alessandro M. Caprettini

da Roma

Ma chi l’ha detto che il 9 aprile è lontano? Per tre milioni di italiani è dietro l’angolo, perché già a fine febbraio devono essere pronte le liste dei candidati ed entro marzo bisogna aver messo una crocetta sul simbolo del partito prescelto. Si tratta degli italiani residenti all’estero, 3 milioni circa per l’appunto, che sono chiamati ad eleggere 12 deputati e 6 senatori.
Il calendario - al contrario di centinaia di altre questioni tuttora aperte - è ormai stabilito: tra il 27 ed il 28 febbraio devono essere depositate le liste (servono tra le 500 e le mille firme per ciascuna, ma è pressoché scontato che simboli e nomi saranno diversi da quelli nazionali perché in molti Paesi non gradiscono propaganda partitica di altri Paesi). Nelle prime due settimane di marzo la ratifica. Poi la spedizione dei plichi nelle nostre sedi diplomatiche e l’avvio agli iscritti che dovranno riconsegnare i propri voti per posta tra il 22 e il 30 marzo, in modo che entro il 6 aprile tutto sia rispedito a Roma per essere scrutinato - al ministero degli Esteri - il 10 aprile.
Se la tempistica pare accertata e anche per la definizione dei collegi non sembrano esser sorti problemi - Europa più Russia e Turchia eleggeranno 6 deputati e 2 senatori, il Nord America 2 e 1, il Sudamerica 3 e 2, mentre Africa, Oceania, Asia ed Antartide (esplicitamente citato il Polo Sud nella legge) 1 ed 1 - tutto il resto è ancora alquanto aggrovigliato e, a tratti, preoccupante. Si comincia dai numeri: quanti sono esattamente i cittadini italiani stanziali in altri Paesi e iscritti all’Aire (Anagrafe Italiana Residenti all’Estero)? Nel 2000 risultavano 2.748.321. Ma sempre quell’anno risultavano 3 milioni e 930mila coloro che avevano fatto richiesta di poter votare. Una commissione mista Esteri-Interni, negli scorsi mesi, ha cercato di dipanare la matassa. Pare ci si sia riusciti, ma è da mettere in conto che non mancheranno ulteriori proteste e contrattempi. Qualche esempio: alcuni residenti in Argentina rischiano di non poter esprimere le proprie preferenze visto che i rispettivi comuni di provenienza non li hanno cancellati dalle proprie liste elettorali. Perché? Se un comune, specie piccolo, perde abitanti, rischia di pagarla in termini di consiglieri comunali, assessori ma soprattutto nella concessione di risorse economiche. Ancora: alla Farnesina risulterebbero 2mila italiani nelle Baleari, ma le autorità spagnole sostengono che i nostri connazionali tra Maiorca e le altre isole siano addirittura sui 30mila (molti dei quali emigranti rientrati negli anni scorsi dal Sudamerica). Come si fa a determinare chi ha davvero diritto ad eleggere deputati e senatori in Parlamento?
Ma la questione davvero spinosa è un’altra: chi garantisce autenticità e segretezza del voto? Tanto nei referendum del 2003 (elettrodotti e licenziamenti) che in quello del 2005 (fecondazione assistita) si è scoperto di tutto: schede portate a patronati sindacali da cittadini, spesso anziani, che non sapevano cosa farci. Plichi spariti dalle cassette delle lettere, accaparramento di moduli da parte dei pochi interessati. Insomma un pasticciaccio che però non ha avuto troppe conseguenze, mentre stavolta la posta in gioco è davvero alta, specie se in Senato i due poli dovessero essere separati - come ipotizzano alcuni sondaggi - da una semplice incollatura (e dove gli italiani all’estero hanno in mano la sorte di ben 6 seggi).
Ma in quanti voteranno, intanto, dei 3 milioni di aventi diritto? Le percentuali registrate fin qui non sono esaltanti, ma occorre considerare che si trattava di referendum (per alcuni dei quali c’era chi predicava l’astensione). Nel 2003 la percentuale dei votanti fu circa del 22-25% con alti picchi di partecipazione in Argentina (Buenos Aires 42%) e Canada, e bassa affluenza in Germania (17%) e Francia (Parigi: 16%). Più basse le cifre sulla fecondazione assistita: Europa al 15%, America del Nord 13%, Sudamerica 27%, Africa Asia ed Oceania 18%.
Stavolta le cose dovrebbero andare meglio: tanto al ministero degli Esteri che al Viminale si prevede un 30%. Insomma saranno almeno un milione gli italiani residenti all’estero a rispedire la scheda elettorale. Su cui, a differenza di chi vota in Italia, potranno scegliere non solo il partito, ma anche esprimere 2 preferenze. Cosa che non sarebbe malvagia se si eccettua un particolare: devono scrivere infatti per esteso nome e cognome del candidato. Il che è un po’ complicato se si vive in Indonesia e non si ha la minima idea di chi siano gli eleggibili nella circoscrizione Asia, Oceania, Africa e Antartide.

Più che concreto insomma il rischio che si finisca in Parlamento con poche centinaia di voti. E che ad accaparrarseli siano i soliti «addetti ai lavori» di associazioni, patronati, istituti di cultura italiani e via dicendo...
(1. Continua)

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