Marco Guidi
I tempi delle mondine sono ormai lontani anni luce. Già perché nella campagna lombarda alle donnine autoctone si sono ora sostituiti impiegati moldavi, romeni, egiziani, indiani. Lo dicono le statistiche presentate dalla Coldiretti di Milano e Lodi: gli immigrati che lavorano nel comparto agricolo sono 2.500, più del 30 per cento del totale dei lavoratori del settore primario delle province in questione. Ecco perché, secondo il direttore milanese dellassociazione agrituristica Roberto Maddè, lagricoltura potrebbe essere in grado di «dare una forte spinta allintegrazione».
Albanesi, cingalesi, sudamericani. Nelle stalle, sui campi, nei vivai o nelle aree orticole hanno trovato un impiego stranieri provenienti da tutto il mondo. «La gran parte è gente che lavora per costruirsi un futuro in Italia - spiega Maddè -. Magari arriva prima il capofamiglia che impara il mestiere, si ambienta e trova una sistemazione. Poi tocca alla moglie e ai figli. Ci sono intere famiglie che vivono in cascina, con i ragazzi che vanno a scuola e il padre che lavora fianco a fianco con i nostri agricoltori». Storie di fatiche, sudore e integrazione, insomma. «E a volte i dipendenti stranieri diventano così bravi che i titolari delle aziende fanno di tutto per farli restare», aggiunge il direttore della Coldiretti di Milano e Lodi.
Ma cosa fanno di preciso gli immigrati impiegati nel settore agricolo? Il 42 per cento si occupa della vendemmia e della raccolta di frutta, mentre poco più di un terzo ha trovato lavoro con la preparazione e la raccolta di pomodori, ortaggi e tabacco. Nelle stalle è impiegato circa il 13 per cento, perlopiù con mansioni da mungitore. Non sono tutte rose e fiori, però. Maddè, infatti, riferisce di episodi disdicevoli. «Esistono brutti fenomeni di sfruttamento della manodopera che vanno condannati e combattuti». La Coldiretti si muove appunto in questa direzione. «Lesperienza che viviamo qui, noi, con le nostre aziende - continua Maddè - è una storia fatta di integrazione e lavoro, nel rispetto delle regole e della professionalità».
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