Tregua in Borsa, le banche guidano il recupero

Wall Street in rialzo del 2%, Piazza Affari 2,4%, ancora meglio il resto d’Europa. In arrivo il super-piano del governo cinese Profumo rassicura Unicredit dai rischi in Est Europa. Mps pronto per i T-Bond. Mussari: «Li rimborseremo con le cessioni»

Washington e Pechino ricaricano la molla delle Borse europee impegnate, almeno per un giorno, a non lasciarsi inghiottire dal baratro della recessione: Milano ha guadagnato il 2,4%, battuta da Londra (più 3,8%), Parigi (più 4,7%) e Francoforte (più 5,4%). Gli investitori hanno preferito restare aggrappati da una parte alle promesse per il settore immobiliare del presidente Barack Obama, dall’altro alla cura d’urto allo studio in Cina: il premier Wen Jiabao potrebbe raddoppiare gli aiuti all’economia del Paese asiatico dagli attuali 4mila miliardi di yuan (470 miliardi di euro). Forse abbastanza per favorire la ripresa mondiale, è la speranza delle sale operative, pronte ieri a sopportare sia l’allarme lanciato dal presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso (oggi la Bce dovrebbe tagliare ancora il costo del denaro, probabilmente di mezzo punto, portando i tassi al minimo storico dell’1,5%), sia i contrastanti segnali provenienti dall’economia americana: a febbraio l’indice Ism del comparto servizi si è contratto ulteriormente ma meno delle attese degli analisti (41,6 contro 41). Più fosco il quadro dipinto in tarda serata nel Beige book: a gennaio e febbraio l’economia Usa ha registrato «un ulteriore peggioramento» e la ripresa «dovrebbe giungere non prima della fine di quest’anno» o l’inizio del 2010, ha ammonito la Fed denunciando «un deterioramento diffuso». Non abbastanza però per piegare il deciso recupero di Wall Street, dove il Dow Jones ha guadaganto il 2,2% e il Nasdaq il 2,4%. In Piazza Affari le scommesse si sono concentrate sul comparto industriale ma a provare a uscire dall’angolo sono state anche le banche, i cui bilanci trimestrali saranno la più sensibile «cartina al tornasole» della recessione. Ubi Banca ha guadagnato il 3,4%, seguita da Intesa Sanpaolo (+2,2%), e Unicredit (+2,18%) mentre l’amministratore delegato Alessandro Profumo provava a esorcizzare lo spettro dell’Est Europa. Un’area, ritenuta dagli analisti ad alto rischio di implosione dopo la debacle delle diverse monete locali nei confronti dell’euro, dove Unicredit opera tramite le numerose banche raccolte sotto la controllata Bank Austria.
«La situazione che vediamo nei conti delle nostre banche è molto migliore di quella che apparentemente viene descritta», ha ribattuto Profumo ricordando che ad oggi «non sono previsti “default“ di questi Paesi» e che anche dai dati di gennaio «si continuano ad avere performance buone». In ogni caso - ha proseguito il banchiere - gli impieghi di Unicredit nell’Est Europa ammontano a 75 miliardi (90 miliardi considerando la Turchia) su un totale di 610 miliardi a livello di gruppo destinati a famiglie e imprese. Non solo, a parte l’importante presidio della Polonia, gli altri Paesi dell’area hanno un peso contenuto sul bilancio di Unicredit. Qualche preoccupazione in più per l’Ucraina, l’area «più rischioso» per la banca italiana ha ammesso Profumo aggiungendo però di guardare con fiducia al piano del Fondo monetario.
In attesa dell’ultima firma del protocollo Abi-ministero del Tesoro, Piazza Cordusio continua poi a valutare con interesse i Tremonti-bond, così come gli altri istituti di credito. Una soluzione obbligata per Monte dei Paschi (+1,1% il titolo in Piazza Affari) che, dopo lo sforzo da 9 miliardi necessario ad acquistare Antoveneta, ha bisogno di rafforzarsi sotto il profilo patrimoniale. I T-Bond sono uno strumento utile ed efficace, il cda di Siena ne valuterà l’utilizzo, ha confermato il presidente Giuseppe Mussari davanti all’assemblea dei soci che ha sancito l’incorporazione di Banca Toscana. «Credo che il governo abbia posto uno strumento utile ed efficace, servirà all’economia italiana per superare l’attuale fase difficile», ha aggiunto Mussari.

Tanto che il presidente del Monte, sebbene Siena non abbia ancora formalmente deciso di sottoscriverli, pensa già al rimborso: la soluzione potrebbe essere fare leva sull’incasso atteso dalla vendita dei 150 sportelli che il gruppo deve vendere per limiti Antitrust.

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