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Tremonti: no all’Eurogruppo E auspica un Pil più veritiero

RomaL’Italia non avanzerà alcuna candidatura alla presidenza dell’Eurogruppo. È lo stesso Giulio Tremonti a confermare il proprio disinteresse a succedere a Jean-Claude Junker alla guida dell’organismo europeo. «Ne ho parlato col presidente del Consiglio - spiega il ministro dell’Economia al termine di un incontro con la collega spagnola Elena Salgado - e abbiamo convenuto che una candidatura italiana non ci sarà». Lunedì l’Eurogruppo probabilmente confermerà Junker alla presidenza per altri due anni.
Prima di incontrare la Salgado, il ministro dell’Economia ha partecipato a un incontro organizzato dall’Aspen Italia all’Istat, dedicato all’attualità del prodotto interno lordo come indicatore rappresentativo della realtà economica e sociale di un Paese. «Ho l’impressione - ha detto Tremonti - che la realtà italiana non sia catturata per intero dal Pil: c’è qualcosa che non collima fra i numeri e quanto si si vede andando in giro». Una delle ragioni si trova nel fatto che molte aziende italiane sono possedute giuridicamente e legalmente da holding estere. Un secondo motivo sta nel fatto che le statistiche tengono conto della quantità e del prezzo dei prodotti, ma non della loro qualità. Secondo Tremonti, l’Italia è interessata a introdurre indici che «catturino anche questo tipo di ricerche» perché il Pil non misura il vero benessere di una nazione. È da tempo che gli studiosi sono al lavoro in questo campo, con ipotesi le più varie che inglobano perfino la misurazione della felicità. In Francia, ad esempio, è al lavoro una commissione guidata dal premio Nobel Joseph Stiglitz. «Se si calcolassero la bellezza, il cibo, la cultura e il clima l’Italia sarebbe al primo posto nel mondo», dice Tremonti. La statistica, aggiunge il ministro, deve comunque restare pubblica, con la presenza di istituti nazionali: è troppo importante per affidarla al mercato.
Presente all’incontro anche Gianfranco Fini, che ha però avvertito: attenzione a non scivolare nella tentazione di «archiviare il Pil come indicatore economico, perché ciò porterebbe a conseguenze non positive come il dare un alibi alle economie stagnanti, nascondendo la loro incapacità a fare innovazione». Il presidente della Camera invita inoltre a modificare il modello di economia sociale di mercato, aggiornando il welfare, il lavoro e l’istruzione per favorire i giovani.
Anche il presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, riconosce che «una realtà complessa non può essere raccolta in un numero».

L’Istituto ha presentato inoltre uno studio secondo il quale, negli ultimi dieci anni, la ricchezza del Paese che non è finita nelle mani delle famiglie, è andata a banche e imprese finanziarie più che a quelle industriali. Nello stesso periodo è triplicata la percentuale di ricchezza finita all’estero, arrivando a sfiorare nel 2008 il 12%.

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