Trenta coltellate in strada Massacrato dopo la festa dalla gang sudamericana

I motivi che scatenano una violenza inaudita nei litigi tra giovani sudamericani restano, come sempre, un mistero. Non si può dire che questi ragazzi perdano tempo a discutere: mettono mano al coltello e passano subito ai fatti. Tuttavia stavolta, nella genesi della rissa con un ferito grave e due arrestati scoppiata l’altra notte a due passi dalla stazione Centrale, non ci sarebbero questioni tra bande giovanili. Anche se i due feritori hanno dichiarato ai carabinieri di appartenere a una delle più emergenti tra queste bande, l’Ms 18 (la Mara Salvatrucha, banda di immigrati salvadoregni famosa perché, a Los Angeles, si contende la gestione del territorio con gli Ms 13) come testimoniano del resto i loro tatuaggi.
Ma veniamo alla vicenda nei suoi dettagli. È la notte tra sabato e domenica, mancano una manciata di minuti all’una. Una donna che risiede in uno stabile popolare di via Sammartini chiama il 112. «Ho sentito delle urla provenire dall’androne delle scale, sono andata a controllare e ho trovato un ragazzo ferito a terra...Venite, c’è molto sangue e lui è agonizzante».
Sul posto arrivano i militari del Radiomobile che salgono al settimo pino del palazzo e lì trovano il ferito. Perde molto sangue: più tardi scopriranno che è stato colpito con almeno una trentina di coltellate, dieci al capo e le altre alle braccia e al torace. Respira ancora. Mentre arrivano i soccorsi i carabinieri gli controllano i documenti. E scoprono che la vittima è di origine peruviana, ha 38 anni e si chiama Samuel A. Non ha mai avuto problemi con la giustizia e ha un regolare permesso di soggiorno. Gli operatori del 118 lo portano d’urgenza alla clinica Città Studi dove verrà operato nella notte. Ora è ancora in prognosi riservata, ma non corre pericolo di vita.
Trovare i suoi aggressori, che adesso sono accusati di tentato omicidio, non è stato difficile per i militari. Le tracce di sangue conducono infatti a un altro appartamento del palazzo dove i due violenti si erano rifugiati insieme a due ragazze. Gli investigatori scoprono così Antonio e José H., fratelli di 22 e 21 anni, salvadoregni, entrambi pregiudicati e clandestini. I ragazzi, che vengono subito ammanettati e portati in caserma, hanno ancora con loro le armi usate per l’aggressione al peruviano: un coltello da cucina e una mannaia, entrambi sporchi di sangue.
Durante l’interrogatorio racconteranno una vicenda verosimile, certo non tale da suscitare la loro violentissima reazione. Sabato sera i salvadoregni e il peruviano, che non si sarebbero mai visti prima, hanno partecipato al compleanno di un’amica comune in quella stessa abitazione. A causa di un diverbio improvviso nato per ragioni sconosciute (ma soprattutto causato da una solenne sbornia) i tre sono usciti dall’appartamento adducendo come scusa il desiderio di voler andare a comprare un dolce e una bottiglia di spumante per la festeggiata, ma in realtà ben decisi a regolare quel conto sospeso tra di loro.

Ancora prima di uscire dallo stabile i fratelli hanno aggredito il povero Samuel, massacrandolo. Poi lo hanno abbandonato lì e se ne sono tornati tranquilli nell’appartamento della festeggiata. Proprio dove li hanno trovati i carabinieri.

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