Gli ecuadoriani dei Latin Kings suddivisi a loro volta in New York e Chicago; i peruviani dei Commando e i cattivissimi dei Nietas che, però, non si sono mai visti sotto la Madonnina. Tuttavia la vera novità del momento sono i Trevor, bande giovanili formatesi qui in Italia (quindi senza un «equivalente» in madrepatria) il cui simbolo è un trifoglio e che, essendo nate proprio nelle scuole milanesi dovè alta la presenza di stranieri, per la prima volta hanno aperto agli italiani.
Nomi e nomignoli a metà tra un fumetto datato e un film davventura, un potenziale criminale inconsapevole ed evolutosi molto in fretta. Che Milano sia la capitale delle baby gang straniere può meravigliare solo chi è estraneo alla nostra realtà metropolitana. Quindi, il risultato dello studio della fondazione Ismu è utile soprattutto per le percentuali che fa emergere.
Il dilemma dei ragazzi sudamericani che formano le bande giovanili organizzate a Milano si gioca, in fondo, su un paradosso: da una parte sono tutti ragazzi di origine sudamericana con unetà raramente inferiore ai 14 anni e quasi mai superiore ai 20. «Giovani, anzi giovanissimi. Che, proprio per questo, non hanno la percezione del disvalore sociale delle condotte che assumono e che possono avere anche forti ripercussioni a livello penale», spiega Vittorio Rizzi, dirigente della squadra mobile di Milano. Dallaltra, invece, si tratta di ragazzi che, attraverso il gruppo, cercano di eliminare un disagio personale, di riscattare la propria identità dinanzi a una società straniera, la nostra, che li considera a tutti gli effetti, dei ragazzini. «Tantè che, una volta giunti in Italia - sottolinea Rizzi - devono frequentare una classe scolastica inferiore di due anni rispetto a quella nella quale sarebbero stati inseriti nel loro Paese dorigine. Dove, al contrario, vengono trattati da uomini a tutti gli effetti».
Sono stati proprio gli investigatori guidati da Rizzi che, la scorsa estate, al termine di unindagine durata un anno, hanno arrestato 45 giovani ecuadoriani e peruviani tra i 13 e i 24 anni. Organizzati qui in città in bande con precisi codici di condotta e ritenute responsabili di decine di episodi di violenza nei confronti di gruppi rivali di filippini ed egiziani. Le accuse vanno dallassociazione a delinquere, alla rissa, al furto, alla rapina, alle lesioni personali aggravate, alla violenza privata, fino al tentato omicidio e al sequestro di persona.
«Così abbiamo scoperto il mondo di queste bande. - conclude Rizzi -. Che segnalavano la loro presenza in una determinata zona con le tags (le firme dei writers, ndr) disegnate a pennarello sui muri della metropolitana e sui cartelli stradali».
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