J acopo De Michelis, responsabile per la narrativa di Marsilio, è leditor italiano a cui si deve il successo di Stieg Larsson, autore di quella Trilogia ormai nota come Millennium che ad oggi ha superato i 2 milioni e mezzo di copie vendute solo in Italia e che nel 2009 ha dominato i primi posti delle classifiche con tutti e tre i volumi.
Perché editorialmente sembra aver successo tutto ciò che è «seriale»?
«Credo che soddisfi il bisogno dei lettori di affezionarsi ad un qualcosa di piacevole e che ritorna. Non la definirei una moda ma la consacrazione di scrittori, indubbiamente popolari, nellaccezione più nobile del termine, capaci di intrattenere il pubblico con romanzi molto più facili da leggere che da scrivere».
Si può interpretare come un ritorno al passato, quando i lettori impazzivano per i feuilleton?
«Ci sono molti punti in comune: si pensi a Balzac o a Dickens, oggi considerati dei classici: quando pubblicavano a puntate sui quotidiani erano considerati scrittori popolari perché riscuotevano un grandissimo successo. Credo che il meccanismo dellandare incontro al pubblico con una scrittura che, diciamo così, non pone resistenza allo scorrere delle pagine sia oggi come un secolo fa una scelta vincente».
Non vorrà paragonare Larsson a Balzac?
«No, ma la struttura di partenza è la stessa. Dietro al fenomeno Larsson cè uno scrittore per me molto valido. Non è certo facile costruire unarchitettura narrativa che avvinca un numero così ampio di lettori».
A colpire in questi autori seriali di successo è anche la lunghezza dei romanzi: raramente sotto le 400 pagine
«Questo si spiega proprio perché sono libri di intrattenimento: più la lettura è prolungata maggiore è il piacere».
Una controtendenza rispetto alla velocità di scrittura e di lettura di Internet.
«Senzaltro è curiosa lapparente contraddizione ma si spiega proprio con il fatto che sul web la lettura è frammentata, cè una sorta di ossessione compulsiva da telecomando. La natura del mezzo è profondamente diversa. Certo la crescita delle-book, anche se per adesso quasi soltanto negli Stati Uniti, è vertiginosa ma credo che valgano gli stessi criteri: difficile leggere sullo schermo un romanzo di ottocento pagine. Forse parte del successo è anche dovuto a questo: una sorta di opposizione inconscia alla velocità dei nuovi media».
Il fenomeno riguarda anche gli autori esordienti?
«Se prendiamo i Paesi Scandinavi senzaltro sì: dopo il caso Larsson è stato un vero e proprio boom di scrittori che cercano di dare vita a romanzi molto lunghi e con personaggi seriali. Anche se il successo non sempre arriva».
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