Diverso il modo di porsi e il modo di parlare. Diversi gli atteggiamenti e il modo di vestirsi. In comune Marta Vincenzi e Roberta Pinotti hanno soltanto la militanza nello stesso partito che le porterà ad appoggiare «l'avversario» qualora uscissero sconfitte dalle primarie. «Chiunque vincerà sarà il candidato di tutti, nel caso sono anche disposta a fare la capolista per un altro candidato», dice Roberta Pinotti dopo aver depositato il 35% delle firme dell'assemblea provinciale del Partito Democratico necessarie per candidarsi alle primarie. Di fatto la sfidante si allinea a quanto detto da Marta Vincenzi pochi giorni fa ma Pinotti va oltre. «Penso che la situazione non si verificherà e che saranno gli altri a dare una mano a me». Ed ecco un altro punto di contatto tra le due. Entrambe le contendenti, infatti, sono certe di vincere. In duello tipo «Higlander», alla fine ne resterà soltanto una. «Ma non dite che è un duello tra zarine, sarebbe troppo maschilista. Genova dovrebbe essere fiera di avere due donne che esprimono una leadership così forte». Ma allora come pensa Roberta Pinotti di convincere gli elettori di centrosinistra a darle fiducia? Senza attacchi frontali e nemmeno senza buttare nel cestino tutto il lavoro fatto dalla precedente amministrazione. «Non mi piace la parola discontinuità -spiega Pinotti- Penso che ci voglia una continuità amministrativa su quanto di buono è stato fatto e che non si debbano cambiare di continuo le carte in tavola. Guai a fermare progetti che sono già partiti solo per metterci sopra il proprio cappello». Ma qualcosa di diverso ci sarà bene tra i due programmi no? «Penso che tutto si possa fare meglio e che siano molte le cose che si possano migliorare. Sicuramente vorrei un clima migliore sia tra i cittadini ma anche tra chi lavora all'interno della macchina comunale. Credo che i dipendenti comunali siano una grande risorsa in un momento in cui risorse ce ne sono poche -e qui arriva l'unica vera stoccata al sindaco in carica- Senza voler dare responsabilità personali credo che alcuni provvedimenti del segretario generale e del sindaco abbiano generato un clima poco armonioso che io vorrei cambiare». Ma la Pinotti punta anche su altro. «Si può fare di più per una genova più bella, pensando per esempio al lavoro, con una lotta forte alla precarietà, al decoro urbano e sicuramente al turismo». Sfruttando magari un modello già esistente a cui Roberta Pinotti ha già detto più volte di ispirarsi. «Il mio modello di amministrazione è quello torinese di Chiamparino. Unamministrazione gentile ma molto decisa. Per esempio: loro hanno puntato molto sul turismo grazie ad un ufficio unico e senza mille ufficetti che pensano solo al loro interesse. E Genova può considerarsi dietro a Torino in quanto ad attrattiva turistica? Io penso che per cambiare serva anche arrivare allo scontro. So che ci saranno delle battaglie ma bisogna aver il coraggio di portarle avanti. Per esempio ai "no gronda" dico chiaramente di non votarmi perché non sono il candidato adatto per loro». Dalla vita dorata di senatrice a Roma a quella, comunque, scomoda di primo cittadino genovese. Ma chi glielo fa fare? «Me l'hanno detto in tanti- confessa Pinotti- Ma me la sento, anche se è un compito che ti piglia la vita. Certo dopo l'alluvione mi sono chiesta se sarei stata in grado. Onestamente non lo so, quello che è successo mi ha spaventata.
Al di là dello sciacallaggio che cè stato verso il sindaco penso che se ci fossero dei morti nella mia gestione amministrativa non ci dormirei la notte, è una cosa tremenda».Fare il sindaco logora. Eccome. Ma, evidentemente, logora anche non farlo. Tra «la bionda» e «la canuta», anche se non litigano, alla fine, ne resterà soltanto una.
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