Oggi nel Salone d'Onore della Triennale di Milano, si svolge una conferenza di Francesco Dal Co, storico dell'architettura e direttore di «Casabella», sul tema «Frank Lloyd Wright e il Guggenheim Museum di New York», e a seguire due proiezioni in lingua inglese sulle due opere più straordinarie del progettista. L'evento infatti è tra quelli storici: ricorrono cinquant'anni dalla morte del grande architetto americano e si celebra l'inaugurazione del più famoso museo del mondo, dopo il suo secondo restauro. Wright, nato nel lontano 1867, resta l'architetto dell'era moderna più conosciuto e le sue opere e le sue idee continuano a ispirare l'architettura del nostro secolo. Durante tutta la sua vita, sono parole degli studiosi più attenti, egli si impegnò attivamente e tentò di dare una forma architettonica alla nascente democrazia americana e alla sua evoluzione. Pur nella profonda diversità formale, materiale e spaziale, le sue opere furono tutte ispirate allo stesso principio, l'integrazione di spazio, funzione, costruzione e natura, all'insegna di un'architettura organica nella quale «l'edificio, l'arredamento, la decorazione e gli alberi stessi diventano tutti una cosa sola». Un assioma estremamente attuale sul quale dovrebbero meditare non poco i suoi colleghi di tutto il mondo, oggi impegnati in una concorrenza fatta soprattutto di invenzioni, sorprese, primati e spettacolarità. Se si pensa alla sua data di nascita, a quella del suo primo e all'ultimo progetto, se ne trae l'incredibile conclusione che egli lavorò per settant'anni ad un migliaio di progetti, dei quali quattrocento presero vita. Rimase irrealizzato il famoso grattacielo «Illinois», destinato, con i suoi 1.
600 metri, a diventare l'edificio più alto del mondo: fatto che sta a dimostrare come egli fosse estremamente avanti in tutte le sue concezioni architettoniche. A voler concentrare l'attenzione sulle sue opere più significative, possiamo dire che essere furono sei. (...)Troppi stupri, il prefetto chiede più controlli
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