Tunisia, il caos non fa paura: 280 italiani restano in vacanza

La Tunisia rimane nel caos nonostante la formazione di un nuovo governo e gli italiani che vi si trovavano per turismo o per lavoro rientrano prudentemente in patria. L’Unità di Crisi del nostro ministero degli Esteri ha agito in questi giorni per favorire i viaggi di rientro e in particolare da domenica, quando lo spazio aereo e marittimo della Tunisia è stato riaperto, ha potuto contare sulla collaborazione dell’Alitalia e di alcune compagnie di navigazione. Ma non proprio tutti i turisti italiani hanno deciso così: c’è anche chi sceglie di rimanere, considerando i pericoli che si corrono meno gravi della perdita certa della spesa sostenuta per la vacanza.
È il caso di circa 280 connazionali, parte di un gruppo di 1500 italiani giunti nell’isola di Gerba con dei viaggi organizzati, che hanno scelto di restare firmando di propria volontà un impegno scritto. Nei giorni scorsi almeno un migliaio di costoro erano invece stati rimpatriati a proprie spese dai tour operator. Da notare che gli operatori turistici di tutta Europa hanno deciso di cancellare i viaggi in Tunisia almeno fino alla metà di febbraio proprio per ragioni di sicurezza, provvedendo anche al rimpatrio di migliaia di persone.
La Farnesina stima che nei giorni scorsi alcune altre centinaia di connazionali - soprattutto lavoratori di imprese italiane in Tunisia - siano stati fatti rientrare per ragioni di sicurezza. Operazioni rese più facili dalla disponibilità, a partire da domenica scorsa, di due voli Alitalia giornalieri verso l’Italia coperti da Airbus 21 da 200 posti ciascuno, quindi più capienti di quelli solitamente impiegati. Qualche problema in più ha incontrato chi era venuto in Tunisia con la propria auto e quindi era tenuto a riportarsela in Italia. Queste persone hanno spesso incontrato aree portuali sovraffollate e caotiche, ma soprattutto hanno dovuto affrontare difficoltà durante le ore del coprifuoco.
Entro tre giorni, infine, arriverà a Sfax una nave italiana che rimpatrierà la carovana del circo dei fratelli Bellucci e dei due luna park presenti sul posto, circa 300 persone in tutto. Fonti dell’Unità di Crisi spiegano che comunque a questo punto quasi tutti coloro che intendevano rimpatriare dalla Tunisia hanno potuto farlo o sono sul punto di farlo: rimane laggiù, appunto, solo chi decide in tal senso per impegni di lavoro o per continuare, nonostante tutto, una vacanza. La sala operativa ormai non riceve più chiamate, ma questo non significa che all’Unità di Crisi considerino conclusa l’emergenza, tanto è vero che sul suo sito si continua a sconsigliare di recarsi in Tunisia.
Questo perché nel Paese nordafricano la situazione pare lontana da una normalizzazione. Il nuovo governo di unità nazionale guidato da Mohammed Ghannouchi, che ha giurato appena ieri e che ha l’obiettivo di traghettare la Tunisia alle elezioni entro sei mesi, già perde pezzi: cinque ministri, espressione di partiti della vecchia opposizione al regime e del sindacato, si sono dimessi per protestare contro la presenza nei posti chiave dell’esecutivo di uomini del fuggitivo ex presidente Ben Alì.
Nelle strade e nelle piazze delle città tunisine la protesta continua. E i protagonisti di questa inedita rivoluzione magrebina si affidano all’esercito, che considerano vicino, e diffidano della polizia, notoriamente fedele a Ben Alì.

Proprio ieri la polizia è tornata ad intervenire nel centro di Tunisi disperdendo un corteo con molti esponenti dei sindacati e con alla sua testa personaggio di spicco del movimento islamista Ennahdha, messo al bando dal vecchio regime: Sadok Chourou, 63 anni, scarcerato lo scorso ottobre dopo vent’anni.

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