La Turchia spera, la Polonia chiede idee

La Turchia spera, la Polonia chiede idee
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da Ankara

Il governo turco fa finta di nulla ma, come un pugile sul ring, accusa il colpo francese, che, in più, segue di poco al colpo durissimo subito di rimbalzo dalla Germania con la sconfitta elettorale alle regionali del cancelliere Gerhard Schröder, il più forte sostenitore della Turchia nell'Ue.
Il governo di Ankara in questi giorni si sta affannando a sostenere, anche per esigenze di immagine interna, che il no francese alla Costituzione europea, anche se notoriamente nutrito di avversione diffusa all'allargamento dell'Ue alla Turchia, «non cambia nulla» per la prospettiva europea turca. «Quello che importa è che il 3 ottobre cominceremo il negoziato per la piena adesione», hanno dichiarato all'unisono il premier Tayyip Erdogan ed il suo vice, Abdullah Gul, sostenuti da analoghe dichiarazioni dei portavoce della commissione Ue di Bruxelles, della presidenza olandese dell'Ue e del ministro degli Esteri inglese Jack Straw, che ieri ha telefonato a Gul per rassicurarlo.
Ma che la verità ufficiale non corrisponda a quella sostanziale lo rivela la maggior parte della stampa turca, che non sta seguendo il suo governo, da essa, anzi, accusato di «autoinganno» nel fare finta di nulla. E che, anzi, rivela, il timore diffuso che il referendum francese sia parte di un domino negativo per Ankara. A ottobre, quando comincerà il negoziato Ankara dovrà vedersela, oltre che, probabilmente, con un cancelliere tedesco come la leader della Cdu tedesca, Angela Merkel, notoriamente contraria alla piena adesione della Turchia, anche con un Jacques Chirac indurito verso Ankara, dal colpo del no alla Costituzione dell'Ue, da lui sostenuta, che è stato anche, in parte, un no alla Turchia nell'Ue, di cui Chirac è pure stato sostenitore.
La nomina a primo ministro del gollista nazionalista, Dominique de Villepin, fedelissimo di Chirac, ha solo un po’ rinfrancato i timori di Ankara, che paventava soprattutto la nomina di Nicholas Sarkozy, un leader che, come la Merkel, si è già pronunciato per un «partenariato speciale» (un'ipotesi respinta con sdegno da Ankara) da offrire alla Turchia in alternativa alla piena adesione.
Il cambio di governo in Francia ha spinto invece la Polonia a chiedere a de Villepin «idee su possibili azioni, ma siamo anche pronti a portare idee costruttive a questa discussione».

«Ci aspettiamo - ha detto il premier Belka - che i rapporti all'interno dell'Europa, di fronte ad un evento che riveste il carattere di una crisi, siano consolidati».
Preoccupazioni per il cambio del fiorino sono stati espressi in Ungheria, dove tuttavia non si teme che il processo d’integrazione di Budapest possa subire una battuta d’arresto.

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