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Il turismo in bianco

Le nozze degli stranieri in Italia sono un fenomeno di costume. E un'industria che porta lavoro e denaro

Il turismo  in bianco

Gli italiani pensano sempre meno all'altare, ma in Italia sognano di giurarsi amore eterno migliaia di coppie straniere. Ci sono gli americani che si sposano in Salento da quando lo hanno fatto Ridge e Brooke in Beautiful, cento coppie di cinesi che vogliono sposarsi tutte insieme a Roma, e fidanzati da tutto il mondo che, negli ultimi anni, vogliono scambiarsi le fedi a Vicenza, dove sorgerebbero le residenze estive dei Montecchi e dei Capuleti (Romeo e Giulietta).

Ha un nome, questo creativo business, prevalentemente al femminile, che coniuga flussi turistici, promozione del territorio e sogni romantici sempre attuali? Si chiama Wedding Tourism (turismo nuziale) o Destination Wedding (destinazione matrimonio). Un fenomeno che ha arricchito il nostro mercato di circa 385 milioni di euro nel 2017, con 1.500 professionisti al loro servizio. E l'afflusso di sposi stranieri in Italia prevede un aumento del 7% nel 2018.

Le prime a definire l'importanza del fenomeno sono due operatrici del settore, negli Stati Uniti, Maggie Daniels e Carrie Loveless, nel 2007: ma è solo negli ultimi sette anni che in Italia il mercato è diventato ambizioso e proficuo: un sogno che costa in media 55mila euro per evento. Bianca Trusiani, 52 anni, titolare del marchio Wedding and Travel è il tour operator che per primo in Italia, dal 2012, ha legato una filiera di agenzie di viaggi al mondo del matrimonio. «Osservando cosa succedeva all'estero, dopo aver visitato oltre 70 Paesi in tutto il mondo - racconta Trusiani ho realizzato che il wedding tourism in Italia poteva essere una grande occasione per destagionalizzare il matrimonio; ma anche e soprattutto per creare nuove opportunità per strutture e località che in Italia non vengono adibite alle nozze, perché tendenzialmente piccole». Non dimentichiamo infatti che la media degli sposi stranieri non porta con sé una vasto numero di invitati: in genere, non superano la trentina».

COME A LAS VEGAS

Regno Unito (26,4%), Stati Uniti (20,7%), Australia (8,4%), Irlanda (5,4), Germania (4,9): ecco le provenienze principali, e le loro percentuali, degli sposi che convolano a nozze in Italia. «Gli stranieri prosegue Trusiani tendono a richiedere un matrimonio non tradizionale. E per esaudire le loro necessità occorrono wedding planner specializzati». Si tratta di una figura professionale di riferimento, soprattutto nelle grandi città, per l'organizzazione del matrimonio: qualcuno che, dalla scelta del ristorante a quella del fiorista, del fotografo, spesso perfino di chi decora la torta nuziale, una volta stanziato il budget, mette in piedi il grande evento. «Il mio sogno già nel 2011 racconta ancora Bianca Trusiani era fare dell'Italia una sorta di Las Vegas: e così ho cominciato a creare dei pacchetti per consentire agli sposi stranieri di realizzare nozze rapide e senza spendere molto. Full day o half-day wedding: ventiquattr'ore al massimo per convolare a nozze in città portuali, e poi a Roma e Venezia. Molti richiedono un matrimonio meramente simbolico e non spendono più di 1.200 euro». Svizzeri, austriaci e tedeschi, più di tutti, amano questa formula, e la esaudiscono nello stesso anno in cui si sposano (civilmente o religiosamente) nel loro Paese; tanti anche gli «italiani di ritorno», le generazioni cresciute all'estero dei nostri immigrati. Wedding planner e tour operator sono le due professioni di riferimento. Ma c'è un'altra figura professionale di congiunzione: il wedding planner coordinator, l'accompagnatore turistico che assiste gli sposi e i loro affetti. Agli operatori del wedding tourism è richiesta anche molta esperienza pratica delle mete prescelte: conoscere gli alberghi in cui stirare un abito da sposa, per esempio, è una prassi collaudata; o contattare chi del trucco e parrucco delle varie etnie conosce tutti i segreti.

Le regioni più gettonate sono Toscana (col 31,9% degli eventi), Lombardia (15%), Campania (Costiera Amalfitana, 14%), Veneto (quasi l'8%) e Lazio in coda (7%). Boom recente anche in Puglia, e le quote che restano sono località sparse in tutto il Paese. Ogni anno, in Italia, il wedding tourism genera oltre un milione di presenze straniere e più di 7mila eventi. I contesti preferiti? Hotel di lusso, su tutti; poi, ville rinomate, ristoranti, agriturismi e infine castelli. Ma il matrimonio più sfarzoso è quello di una coppia di libanesi, neppure trentenni, che si è svolto in Sardegna: è costato due milioni di euro, e a occuparsene è stata Elisa Mocci, giovane wedding planner (30 anni, appunto) specializzata in destination wedding, e titolare di un'accademia per formare nuovi specialisti. «Avevo vent'anni quando ho aperto la mia attività racconta Mocci, che ha fatto della sua Sardegna una destinazione ambita e prestigiosa e studiavo le scenografie e le regie teatrali: dopo un viaggio, per studio, a Londra, l'idea è stata quella di portare il teatro fuori dalle sue mura, e applicarlo al matrimonio. La situazione più affine al teatro che esiste nella vita reale. Ho creato un sito-web e oggi mi interfaccio direttamente con la clientela straniera. Parola d'ordine lusso: i miei sposi partono da un budget di 80mila euro, spesso arrivano in Sardegna col loro jet. Il mio mercato bypassa i tour operator, insomma, e si concentra sulle ambizioni concrete dei clienti». Nel caso della coppia libanese (anno 2014), «cruciale è stata la produzione di elementi scenografici e design che rendessero l'evento qualcosa di unico. Il contesto era un hotel famosissimo della Costa Smeralda: 250mila euro fu il costo dei fiori, che arrivarono dal Regno Unito».

IL SOGNO DEI CINESI

Capitolo a parte è la nuova tendenza che proviene dall'Oriente. Ci sono coppie indiane che per un matrimonio in Italia spendono anche 20 milioni. In pieno stile Bollywood, cioè rigorosamente radicato alla tradizione culinaria di provenienza, ma anche spettacolare: in crociera, per esempio, con 1.000 invitati. E poi, l'ondata dalla Cina. In questo settore, punto di riferimento specializzato è Veronica Tasciotti Amati, 39 anni, romana, organizzatrice di grandi eventi ed esperta destination wedding planner.

«Più di un miliardo di abitanti, quelli della Cina spiega Veronica Amati e il 60% delle coppie vuole sposarsi all'estero». Secondo CeSIF, Fondazione Italia-Cina, i cinesi che scelgono l'Italia sono i millennials (dunque chi è nato a partire dalla fine degli anni '80), e generalmente si tratta di figli di esponenti del Governo. «A differenza della maggior parte degli stranieri, che si sposano in Italia in seconde nozze, le coppie cinesi sono giovani e lo fanno con spirito di emulazione. Amano la storia, l'arte e il romanticismo italiani: ma, se i loro miti della musica e del cinema si sposano in Puglia, ecco che un'ondata di cinesi sceglierà proprio quella zona prosegue Amati-. L'ostentazione dello status sociale, dunque le docce di champagne, le auto più costose, sono regole fondamentali per questo mercato. Ma la richiesta più stravagante è stata quella di una wedding planner cinese che mi propose di organizzare le nozze di cento coppie tutte assieme sul Lago di Bracciano. E tutti pettinati e truccati allo stesso modo (in Cina, anche lo sposo è sapientemente truccato)». Amano il paesaggio, siamo il loro polmone verde. Prediligono il Nord, e quasi mai scelgono la Costiera Amalfitana: sono sensibilissimi al tema della sicurezza e impauriti dagli stereotipi. Siamo ancora indietro, però, sulla preparazione alle richieste più stringenti: la cosmesi, per esempio, più adatta alla loro pelle. Il pubblico cinese ci tiene moltissimo. E guai a non sapere che hanno delle tradizioni granitiche legate alla numerologia: «Solo numeri pari, quando si lavora con loro prosegue Amati e attenzione a usare il numero 4, per esempio per un tavolo: per loro è un presagio nefasto». Il bianco, colore tipico delle nozze occidentali, per loro è quello delle cerimonie funebri. Occhio a non perdersi i dettagli».

FUGA DALL'ALTARE

Ben diverse le nostre tradizioni, e ancor di più le nostre aspirazioni. In Italia ci sposiamo sempre meno e sempre più tardi. E, quando lo si fa, le mete prescelte sono quasi sempre a un passo da casa (della sposa). Ma il destination wedding comincia a contagiare anche gli abitanti delle metropoli (Roma, Milano, Firenze e Venezia). «Parliamo ancora di una piccola percentuale spiega Bianca Trusiani ma abbastanza consistente da costituire mercato. In seconde o terze nozze, gli italiani adorano sposarsi nella fascia iberica (la più gettonata), ma anche in Sudafrica, Thailandia e naturalmente Las Vegas».

Chi resta in Italia non si sposta dalla propria città e le location sono quelle tradizionali. Le ville nuziali sono al 68% della richiesta. Ma c'è una curiosa nuova tendenza: serre, loft, capannoni e strutture in disuso riabilitate ad eventi privati (tra i quali perfino, vecchi cinema, fabbriche e filatoi). Si chiama urban-chic, questo stile, ed è la «promessa» di infrangere gli schemi.

Quegli schemi fatti di hotel (amati ancora dal 18% degli sposi), ristoranti più o meno di lusso (11%), agriturismi e residenze di campagna (7%) e i castelli tanto amati dagli stranieri, dove il 4% delle coppie degli italiani ama giurarsi il sì.

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