Turismo, il business delle guide e gli strani concorsi in Provincia

Tanti abusivi ma nessuno parla russo e giapponese. Curiosità: i candidati al test devono conoscere Brescia

Turismo, il business delle guide e gli strani concorsi in Provincia

Le aspiranti guide turistiche di Milano? Dovranno possedere «nozioni di storia, geografia e cultura generale dell’Italia con particolare riferimento alla provincia di Brescia». È questo il passaggio più surreale del bando della Provincia di Milano per autorizzare a svolgere la professione di guida turistica sotto la Madonnina. Perché mai, per accompagnare i turisti davanti al Cenacolo, si debba dimostrare di conoscere bene i tesori artistici di Brescia è indubbiamente un bel mistero. Ma non è l’unica stranezza in cui ci si imbatte se si fruga nell’intreccio di regole, concorsi, affari e interessi che ruota intorno al business dell’accompagnamento turistico. È un business sui cui doveva abbattersi la scure delle liberalizzazioni, e dove invece non è stato liberalizzato pressoché niente. Così a stabilire chi possa illustrare agli stranieri le bellezze milanesi continua ad essere una affollata e ben retribuita commissione d’esame nominata dall’assessorato provinciale al Turismo. E i risultati fanno sorgere qualche domanda.
Il dato più singolare è che non si sa quanti siano le guide turistiche oggi abilitate a Milano. Secondo la legge del 2007, le Province dovrebbero tenere gli esami e inviare poi alla Regione gli elenchi degli abilitati, ma ieri in Regione spiegano che «noi questi elenchi non ce li abbiamo». È noto l’elenco dei 24 fortunati - su 184 candidati - che hanno superato l’ultimo concorso, tenutosi l’anno scorso. Qui emergono altre stranezze. Tra i promossi, nessuno sa parlare il giapponese. Uno solo - nonostante i candidati fossero decine - sa parlare il russo. Due delle etnie turistiche più numerose che sbarcano a Milano sono praticamente senza punti di riferimento. È davvero così? No, fortunatamente. Perché la mancanza di guide genera un’intensa attività di subappalto. Funziona così: in Duomo entrano sei comitive, una sola è accompagnata da una vera guida, pronta a esibire il tesserino in caso di controlli, gli altri ciceroni sono reclutati a cottimo e devono versare alla guida una percentuale (ingente, si dice) del loro emolumento.
Ma chi sceglie, le guide? In teoria a presiedere la commissione dovrebbe essere Maria Pia Benci, direttore del settore in Provincia. Una gentile signora che ieri, alla richiesta di sapere quanti siano gli abilitati, rilancia la palla al Pirellone, «il totale dovrebbero conoscerlo in Regione, io posso dire che dal 2001 ne abbiamo abilitati 188». In realtà a presiedere di fatto la commissione è un’altra funzionaria provinciale, Susanna Raffa (pagata 154 euro a seduta per un totale di una quarantina di sedute; i componenti prendono 135 euro).
Insieme alla dottoressa Raffa siedono in commissione docenti di storia dell’arte, di tecnica del turismo e di lingue straniere, nonché una rappresentante delle «associazioni di categoria». Curiosamente la rappresentante è sempre la stessa, da molti anni a questa parte: la signora Andrea Ogunbisi, che a essere pignoli si trova un po’ in conflitto di interessi poiché è socia del Centro Guide di Milano, la più importante azienda milanese di fornitura guide. La Ogunbisi si trova così a scegliere chi possa un domani fare concorrenza alla sua società. Non c’è alcun elemento che la possa accusare di approfittare della sua posizione, ma il conflitto di interessi resta.
La storia degli esami, come qualunque altra situazione analoga, è sempre la stessa: chi ce la fa sostiene che l’esame è stato condotto con la massima serietà, chi viene trombato sostiene di avere visto promuovere a sue spese candidati improbabili. C’è però un dato di fatto oggettivamente curioso: almeno dieci dei ventiquattro candidati promossi all’ultima sezione hanno visto i loro voti migliorare miracolosamente dopo la prima valutazione. I verbali firmati dalla Raffa e dagli altri commissari pullulano di correzioni a penna: 18 che divengono 19, 26 che divengono 27.

Ripensamenti che hanno la conseguenza di far raggiungere quota 80, il minimo per passare l’esame. Tutto legittimo, tutto regolare? Probabilmente sì. Ma da qui all’Expo, forse un po’ di trasparenza in più non guasterebbe.

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