Come spesso capita ai tesori più preziosi, la Patera di Parabiago, 18 chilometri a Nord di Milano, venne ritrovata per puro caso, agli inizi del Novecento, in un cantiere edile della cittadina da cui prende il nome. Il termine «patera» è una versione antica di «piatto»: e in effetti questo tondo istoriato in argento fuso, del diametro di circa 40 centimetri, veniva utilizzato nel IV secolo dopo Cristo per libagioni sugli altari di Cibele, la dea della natura che per i Romani rappresentava la Magna Mater del loro Pantheon. La storia di questo prezioso reperto, tra i pezzi di maggior interesse del Museo Archeologico di corso Magenta 15, verrà illustrata oggi alle 16.15, nell'ambito di una visita guidata alle Civiche Raccolte Archeologiche che avrà per tema «Milano antica: tra culti pagani e Cristianesimo». La venerazione di Cibele, divinità di origine orientale, durante la prima metà del IV secolo riuscì a convivere con la progressiva cristianizzazione della società milanese. Solo a partire dalla seconda metà del 300, il vescovo Ambrogio mise al bando tutti i culti pagani, imponendo il Cristianesimo come religione ufficiale della città.
Di Cibele però non si persero completamente le tracce. La presenza a Milano del culto di questa dea, detta anche Grande Madre Frigia o Idea (dal nome di un monte dell'Asia Minore in cui si trovava un suo santuario), è testimoniato da almeno cinque epigrafi, nelle quali vengono menzionati sacerdoti, templi e riti a lei dedicati. Esiste poi un rilievo medievale che raffigura la processione in onore di un'immagine sacra della «Madonna dell'Idea», che si svolgeva tra la chiesa di Santa Maria Beltrade (che sorgeva nei pressi di via Torino e da cui proviene il reperto) e il Duomo. L'anomalo appellativo della Vergine (appunto «dell'Idea») era probabilmente il retaggio di un antico rito in onore di Cibele.
La Patera di Parabiago raffigura una sorta di mappa cosmogonica in cui compaiono numerosi rimandi simbolici. Al centro della scena c'è ovviamente Cibele, assisa su una quadriga trascinata da leoni e contornata dalle divinità e dalle personificazioni del tempo, del cielo e della terra. Di grande interesse è la presenza, alla sinistra della dea, di un giovanetto con scettro e mantello che è possibile identificare con Aion, la divinità che emblematizza il tempo ciclico e immutabile, che ben di rado compare in un'immagine del IV secolo (quando il tempo, anche sulla scia dell'incalzare del pensiero di matrice cristiana, era diventato appannaggio della figura di Chronos, dio ben più incline alla linearità e alla fluidità).
La Patera è forse il reperto più importante, ma non l'unico, su cui si soffermerà la visita guidata. Il Museo Archelogico contempla numerosi altri pezzi che consentono di illustrare il percorso storico che ha trasformato Milano, da città ricca di culti pagani e di influenze culturali dell'Oriente, in caposaldo della Cristianità.
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