Tutti contro il «Moretti»: «Non caccia i delinquenti»

«Perché vede, basterebbe non dargli da bere e i delinquenti cambierebbero zona». L’accusa è pesante quanto unanime, il dito puntato sul bar Moretti.
La storia si ripete da anni a intervalli regolari. Nel 2002 girò l’ipotesi di chiuderlo per farci un posto fisso di polizia, ma poi il consiglio comunale non se la sentì, di vendere i locali dello storico locale di via San Bernardo, birra e vino a prezzi stracciati, un classico. Poco tempo dopo ci fu una crociata per salvarlo, la sinistra radical chic-universitaria-istituzional-noglobal-punkbestia fece una gara di solidarietà. «E fecero male, adesso non ci sarebbero tante bottiglie di vetro in mano a degli ubriachi», lamentano abitanti e commercianti della rive gauche del centro storico. Chi ci vive sopra s’è attrezzato di secchi d’acqua da far planare sulle teste degli avventori passate le 23. Chi ci lavora a fianco trattiene la rabbia da tempo e adesso esplode. Pietro Avvenente gestisce il Bar Berto, là dove stare aperti sempre significa riqualificare e bonificare. È un tipo pacato e la dice bene: «Una gestione sbagliata, quella del Moretti: se sei un locale pubblico devi fare servizio pubblico, allontanando la gentaglia invece di attrarla».
Michele Serrano delle Colonne di San Bernardo invece non ha peli sulla lingua, lui il suo ristorante lo aprì all’urlo di «il centro storico è nostro, non loro», e a lungo lottò fra il suo dehor periodicamente dato alle fiamme e una pedata nel didietro agli sbandati che gli chiedono da bere: «Moretti non si fa problemi, lui disseta anche questi delinquenti senza casa, invece di cacciarli. Lo stesso fanno il Mascherona e il Bar Fly». Il tutto, accusa Serrano, con tanto di protezione politica: «Claudio Burlando il presidente della Regione ogni volta decanta le doti del Moretti, un’assurdità».


Non è un caso che oggi l’assemblea voluta da Consumatori e Comitati con questore, Comune e circoscrizione si terrà proprio lì: «Scriva via San Bernardo angolo vico Vegetti, che a quel bar non vogliamo fare pubblicità».

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