L’impatto della guerra tra Israele e Hamas si sta facendo sentire anche nell’industria dell’intrattenimento. Alcune tra le principali piattaforme di streaming internazionali, come Apple Tv e Netflix, hanno momentaneamente interrotto la realizzazione di serie televisive prodotte nello Stato ebraico o posposto a data da determinarsi la loro messa in onda. Molte emittenti e finanziatori esteri hanno inoltre ritirato i loro investimenti, mettendo in crisi un settore che negli anni si è evoluto basandosi sui capitali stranieri.
“Rischiamo di diventare come la Russia, che dopo la guerra in Ucraina è diventata persona non grata nell'industria dell'intrattenimento globale e c'è una sorta di boicottaggio non dichiarato dei suoi contenuti e dei suoi creatori”, ha detto un produttore israeliano al quotidiano Haaretz. “Me lo hanno detto diversi emittenti, che aspettano di capire quale sia la nostra posizione e si preoccupano dei sentimenti anti-israeliani”. Il fenomeno è legato all’ondata di sentimenti negativi contro lo Stato ebraico scatenatasi a livello internazionale, soprattutto da quando sono iniziati i bombardamenti della Striscia di Gaza e le operazioni di terra delle Idf. “Nelle prime due settimane dopo il 7 ottobre, tutti erano preoccupati per noi”, ha commentato un altro producer che lavora sul mercato globale. “Ma da allora hanno iniziato a dirci: ‘Non sappiamo cosa succederà ora, dobbiamo fermarci e aspettare giorni migliori’”.
Negli ultimi anni, le serie tv israeliane hanno riscosso grande successo in tutto il mondo, sia tra il pubblico, sia tra gli investitori che ne hanno apprezzato il basso budget e l’alta qualità. Ora, però, la situazione è cambiata. Per fare alcuni esempi, lo show “Teheran”, che racconta le vicende di un’agente del Mossad infiltrato nella capitale iraniana, è stato acquistato da Apple Tv per 20 milioni di dollari e, quando è scoppiato il conflitto, la produzione stava ultimando le riprese della terza stagione e iniziando i lavori per la quarta. “Quando è scoppiata la guerra, Apple ci ha chiesto di interrompere la stesura della sceneggiatura, perché la nuova realtà stava causando incertezza sui contenuti”, ha spiegato la producer Shula Spiegel. “Un mese dopo, ci hanno detto che potevamo andare avanti”. Da parte sua, Netflix ha messo in pausa la messa in onda di molte serie, a cominciare da “Border Patrol”, “Through Fire and Water” e “Trust No One”, che racconta le vicende del capo dello Shin Bet. “Ci sono molte serie israeliane acquistate da emittenti straniere che ora sono ferme sullo scaffale. Aspettano di programmarli per un momento più tranquillo e appropriato”, ha spiegato la produttrice Danna Stern. “Questo però solleva delle domande sui rischi che si vogliono assumere con prodotti israeliani, perché se un'emittente acquisisce una serie svedese, è ragionevole supporre che non ci siano condizioni geopolitiche che possano influenzare la data di trasmissione”.
Questa eccessiva prudenza sembra essere una caratteristica principalmente delle emittenti europee, che temono molto più delle loro controparti americane di essere accostate alle posizioni dello Stato ebraico. La situazione, comunque, ha messo in seria difficoltà tutto il settore. Da diversi anni, infatti, i produttori israeliani si sono abituati ad avviare nuovi progetti solo dopo aver raccolto fondi stranieri, rendendo l’industria fondamentalmente dipendente dal denaro proveniente dall’estero.
Già durante i disordini provocati dalla controversa riforma giudiziaria del premier Netanyahu vi era stato un rallentamento degli investimenti, ma con lo scoppio della guerra è iniziata la vera crisi e tutte le macchine da presa si sono fermate.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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