Roma Di questi tempi, non capita di frequente che Silvio Berlusconi sorrida sfogliando un quotidiano. Lo avrà fatto di certo ieri mattina leggendo il sondaggio sulle intenzioni di voto condotto dalla Ispo di Renato Mannheimer pubblicato dal Corriere della Sera. A pochi giorni dal voto in Parlamento sulle mozioni di sfiducia al governo, il premier sarà stato felice di sapere che in caso di elezioni, il Pdl sarebbe al momento al 27,6 per cento, più di un punto in più rispetto al 26,5 monitorato dallo stesso istituto di ricerca un mese fa. Cresce, ma in misura minore, anche il Pd (da 24,2 a 25,0) e a pagare lo scotto a questa piccola polarizzazione del voto, che interessa anche la Lega (da 11,8 a 12,0), sono i partiti del cosiddetto terzo polo. Punito l’Udc di Casini (da 5,8 a 5,3), addirittura mortificato il Fli finiano (da 8,1 a 6,9). Insomma, i due transfughi del Pdl perdono quasi due punti percentuali insieme, pari a più del 12 per cento del «tesoretto» di consensi virtuali messo da parte solo un mese fa. Quanto agli altri partiti, solo piccoli scostamenti per Idv (da 6,3 a 6,2), per i vendoliano di Sel (da 6,7 a 6,4), Rifondazione e Comunisti italiani (da 1,7 a 1,9), i grillini del Movimento 5 Stelle (da 2,1 a 2,2) e per la Destra (era e resta all’1,4), mentre le altre liste raccolgono complessivamente il 5,1 delle intenzioni di voto (erano al 5,4).
Un sondaggio che dice poco e dice molto allo stesso tempo, per il sociologo Arnaldo Ferrari Nasi, docente di Analisi della pubblica opinione all’Università di Genova: «Posto che le variazioni sono minime, per tutti i partiti si è sempre ben al di sotto della soglia dell’errore statistico - dice Ferrari Nasi - concordo assolutamente con la tesi di Mannheimer del “serrare le fila”. Anzi, di più. Negli ultimi dieci giorni è come se fossimo in piena campagna elettorale. Magari martedì non se ne farà più niente, ma oggi è a quei meccanismi bisogna riferirsi». Ferrari Nasi sta seguendo particolarmente la dialettica elettorale tra Pdl e Fli. «Nei dibattiti televisivi sono comparse le prime parole chiave. Ad esempio “traditore”, da parte del Pdl a Fini, il quale ha ribattuto di “essere stato espulso”. Al di là dei giudizi di merito sull’una o sull’altra parte, c’è che la gente questa espulsione non l’ha capita». Ciò emerge chiaramente da una tavola di un profilo sull’elettore potenziale di Fli preparato dalla Ferrari Nasi&Associati: il 26,3 per cento del campione sostiene che è stato Fini ad andarsene, il 48,2 che sia stato mandato via e il 25,5 confessa candidamente di non saperlo. «Neanche gli stessi finiani - considera Ferrari Nasi - hanno del tutto capito il messaggio politico. Quindi, al momento della scelta, molti elettori vanno sul sicuro». Di certo il Pdl ha perso molto rispetto all’apogeo del consenso nel 2008 e anche rispetto al 2009. «Ma molti degli elettori che hanno abbandonato il Cav - assicura Ferrari Nasi - sono tradizionalmente “suoi”: donne, anziani, titoli di studio bassi. Ora non ci sono, ma non è difficile recuperarli, anche perché Fli ha preso alcune posizioni molto in contrasto con quello che pensa questo tipo di elettorato, basti pensare alle coppie di fatto o alla cittadinanza “facile” agli immigrati».
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