Umanità? No, voglia di provocare

Okkupiamo una scuola del Comune e poi anche l’aula del consiglio provinciale. L’idea di Filippo Penati per risolvere l’emergenza di via Lecco non è diversa dagli slanci dei contestatori sessantottini e degli eredi dei centri sociali anni Duemila. Le invasioni di campo sono il massimo per essere al centro dell’attenzione, e chi se ne frega se è istituzionalmente scorretto e soprattutto inutile.
Non c’è nessuna buona ragione per far passare le notti (e i giorni) tra i banchi di una scuola o di un’aula consiliare invece che nei letti già offerti dal Comune. Nessuna se non la voglia di fare un atto dimostrativo, seminare confusione, aizzare gli animi. E il fatto che questa volta ad agire sia Penati e non il Leoncavallo di turno segna la nascita dell’occupazione istituzionale, proposta su carta intestata con lettera spedita dal presidente della Provincia al sindaco e al prefetto.
Più che una proposta, una provocazione. Un progetto da fantasia al potere, di quelli che sogna e predica Dario Fo, studiato nei minimi dettagli per mettere in difficoltà le istituzioni e poter dire: noi ce l’abbiamo messa tutta, è colpa di altri se i rifugiati sono per strada, e non hanno nemmeno la scuola che avrebbe potuto accoglierli. Insomma, è una mossa politica pensata con l’obiettivo di mettere nell’angolo gli avversari.


Non è la prima volta che succede, anzi si può dire che l’ingresso a gamba tesa nelle azioni calde è un po’ lo stile di gioco di Penati. E però il modulo continua a stupire. Nessuno pensa di scaricare sulla Provincia la responsabilità di gestire l’emergenza. Ma se decide di intervenire, è troppo aspettarsi fatti concreti non gesti eclatanti e parole?

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