Controcultura

Un'indagine condotta in punto di quasi-morte

Emily Koch, giornalista e scrittrice, vive a Bristol. "Se muoio prima di svegliermi" è il suo primo romanzo tradotto in italiano. I suoi altri due libri sono "Keep Him Close" e "What July Knew"

Come la prendereste se vi sentiste dire cose gradevolissime, oppure cattiverie indicibili, da qualcuno che conoscete bene e che è convinto che voi non possiate udirlo? È esattamente ciò che accade ad Alex Jackson, il narratore in prima persona del romanzo Se muoio prima di svegliarmi (La nave di Teseo, traduzione di Alberto Pezzotta) dell'inglese Emily Koch.

Alex, giornalista affermato, racconta il proprio dramma di individuo in «stato vegetativo permanente» - di fatto, un coma irreversibile secondo i medici che lo hanno in cura - ma, in realtà, perfettamente conscio di tutto ciò che avviene intorno a lui. Al punto che, dopo mesi trascorsi senza mostrare miglioramenti apparenti, vorrebbe morire. Ma morire, per chi è considerato di fatto già morto, rischia di non essere tanto semplice, così Alex ha tutto il tempo necessario per raccontarci la sua storia, una vicenda umana che si intorbidisce soltanto nei momenti immediatamente precedenti la sua caduta da una roccia su cui ricorda di essere andato a fare un'arrampicata, nell'impervia Gola di Avon.

La sua grande esperienza di scalatore mette sul chi vive anche la polizia, che vuole vederci chiaro, anche se Alex non rammenta nulla di anomalo in ciò che gli è accaduto e che lo ha fatto finire in un letto d'ospedale, ridotto a una sorta di vegetale ma con il cervello più che funzionante. Ed è lì che vanno a fargli visita le persone a lui vicine: suo padre, sua sorella Philippa e la sua compagna Bea. Le frizioni esistenti prima dell'incidente in parte vengono attenuate dalla solidarietà per la sua condizione di infermo e in parte si inacidiscono, spingendo i tre a esprimere ad alta voce, nella solitudine della stanza insieme al morto vivente, ciò che provano. Così Alex scopre che ancora non si è placata la rabbia di sua sorella e di suo padre per aver aiutato la mamma a morire dopo che le era stato diagnosticato un tumore implacabile. Ed è sempre in quel modo che Bea lo accusa di una sua scappatella, rimproverandolo di averle tenuto nascosto un figlio illegittimo, e gli confessa di essersi sostanzialmente invaghita di un altro. L'amata fidanzata gli dice anche di aver iniziato un percorso terapeutico per l'elaborazione di un lutto che, ufficialmente, non si è ancora consumato, frequentando un gruppo di autoaiuto per persone rimaste vedove.

Non si può fare a meno di tornare con la memoria a una pellicola che fece molto scalpore alla sua uscita, nel 1971: E Johnny prese il fucile, di David Trumbo, tratta dall'omonimo romanzo scritto dallo stesso regista una trentina d'anni prima, furente atto d'accusa al militarismo imperante nel mondo, agghiacciante diario di un militare che, ferito gravemente nella Grande Guerra, si ritrova in un letto d'ospedale e non riesce a comunicare, capendo però tutto. Tuttavia, Se muoio prima di svegliarmi ha una sua originalità insita soprattutto negli sviluppi thrilling di una storia che, per ovvie ragioni, non possiamo svelare del tutto. I familiari di Alex complicano il quadro indiziario, accarezzando progressivamente l'idea di interrompere l'accanimento terapeutico nei suoi confronti, e gli stessi medici guardano con favore alla prospettiva che si liberi un posto nell'affollato reparto.

Emily Koch si inserisce a pieno titolo nella nuova generazione di scrittrici noir britanniche - come Claire Boyd (Tre segreti) e Paula Hawkins (autrice del fortunatissimo La ragazza del treno) - che prediligono indagare nella psiche dei personaggi, più che sui casi che li vedono protagonisti.

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