Marcello Zacché
da Milano
Cè unaraba fenice che vola sopra i cieli dellUnipol. È lazione di responsabilità nei confronti di Giovanni Consorte, presidente e amministratore delegato della compagnia per oltre 10 anni, fino al 9 gennaio scorso. Lazione di responsabilità, ovvero quelliniziativa che si prende in una società quando si ritiene che un amministratore abbia operato fraudolentemente causando danni agli azionisti, è un procedimento di tipo penale che spetta ai soci o agli amministratori successivi alla gestione incriminata. Ebbene cè qualcuno che si chiede perché non sia stata ancora presentata dal presidente Pierluigi Stefanini, in presenza di diverse ipotesi di sottrazione di risorse ai danni di Unipol.
In realtà il dossier sullazione di responsabilità per Consorte e per il suo ex vice Ivano Sacchetti sarebbe pronto: affidato a Francesco Boccetti, presidente di Coopfond (una delle coop di Unipol) e consigliere della compagnia con lincarico di presiedere il comitato di controllo interno. Boccetti ha lavorato alla stesura del codice etico adottato, benché in ritardo, dalla compagnia dopo lesplosione del «caso Consorte».
Boccetti, su incarico dello stesso consiglio, avrebbe affidato gli aspetti legali e procedurali della questione allo studio Bricola Associazione Professionale, di Bologna. Che, per il momento, avrebbe la pratica ancora aperta. Si aspetta infatti un passaggio formale: la comunicazione ufficiale delliscrizione nel registro degli indagati della stessa Unipol spa, per responsabilità oggettiva, nellambito dellinchiesta milanese sulla scalata allAntonveneta. Un atto che non sarebbe stato ancora formalizzato. Per questo motivo i nuovi amministratori aspettano e studiano ancora.
In realtà il rigido iter procedurale cela il forte travaglio e un certo imbarazzo da parte del consiglio e dei grandi soci. Travaglio emerso chiaramente dopo il cda del 9 gennaio quando il neo eletto Stefanini, «toccato» dalla lettera di dimissioni di Consorte, aveva detto che non era il momento di parlare di azione di responsabilità. Unipotesi di cui si era velatamente parlato anche in altre precedenti riunioni tra i grandi soci. Imbarazzati, e lo si capisce, perché se sono oggi al vertice della quarta compagnia assicurativa nazionale lo devono solo a Consorte, alla sua abilità finanziaria, ai suoi rapporti.
Al di là delle formalità non è mancato chi, in queste settimane, abbia messo in fila le situazioni più «sospette» ritenendo che, bello o brutto che sia, si debba subito agire nei confronti della precedente gestione. Di operazioni ce ne sono almeno tre: la prima è la più clamorosa e riguarda la consulenza da 50 (o più) milioni finiti nei conti di Consorte e Sacchetti per la cessione delle azioni Telecom dalla lussemburghese Bell (dove Unipol era azionista) a Olimpia (e non solo: in ballo ci sono anche azioni in carico diretto a Unipol). Ebbene: perché su una transazione tra Unipol e altri ne debbano aver beneficiato solo i manager e non i soci. La seconda è la cessione, da parte di Unipol, degli immobili non strumentali di Winterthur, ceduti al fondo Usa Glenbrook con 90 milioni di utile. Ma riceduti a Pirelli Re, quattro mesi dopo, a 40 milioni di più. La terza è il prestito obbligazionario Unipol rimborsato anticipatamente nel 2002, che ha generato uninchiesta per insider trading su Consorte e Gnutti: il finanziere bresciano sarebbe stato informato dellanticipo del rimborso (a carico di Unipol) a 100 lire, quando sul mercato il titolo valeva molto meno. E Gnutti ne avrebbe ricavato un bel guadagno a spese della società.
Imbarazzo dovuto però, forse, anche ad altro.
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