Le università milanesi (dieci atenei, 175.000 studenti e 16.000 dipendenti), non devono essere percepite come un dispendio di risorse pubbliche, quanto piuttosto come un grande indotto per leconomia. Ad aprire questo nuovo scenario sul sistema universitario meneghino, una ricerca condotta dalla Camera di Commercio e dallAssociazione MeglioMilano, dal titolo: «Limpatto delle Università milanesi sulleconomia locale».
E di vero e proprio impatto si parla, se si considerano i 1.468 milioni di euro allanno prodotti da questa grande impresa trasversale che dà lavoro ad un numero di dipendenti superiore a quello di tutte le ex municipalizzate milanesi. La cifra rappresenta il 2,7% del Pil milanese e coinvolge il 5% dei suoi occupati nel settore privato extra agricolo.
Ma le spese? Ammontano complessivamente a un milione e mezzo di euro lanno e sono legate principalmente: al funzionamento e all investimento su atenei e Isu, senza dimenticare lesborso di studenti fuori sede e pendolari per servizi quali alloggio, vitto, trasporti e cancelleria.
Non solo fabbriche del sapere, dunque, le università, ma anche motori di sviluppo economico di una città che sta prendendo consapevolezza della necessità di investire in servizi e infrastrutture delle quali potranno usufruire anche coloro che la abitano, vi lavorano o ne fanno semplicemente una meta turistica. La ricerca è stata effettuata sui bilanci degli Istituti per il Diritto allo Studio (Isu) e sui sei maggiori Atenei milanesi (Bicocca, Bocconi, Cattolica, Iulm, Politecnico e Statale) presso cui è iscritto il 97% degli studenti. Il rimanente 3% è suddiviso tra Brera, Conservatorio, Naba e San Raffaele.
«In passato Milano ha sottovalutato la potenzialità di queste fucine di conoscenza.
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