Nuova fumata nera al Congresso degli Stati Uniti: Repubblicani e Democratici non hanno trovato l'accordo sul bilancio, o meglio, sull'aumento del debito. La conseguenza immediata è questa: dal 2013 scatteranno i tagli automatici alla spesa sociale e alla Difesa, due dei capitoli più cospicui nel bilancio federale. Per ora le agenzie di rating fanno finta di nulla, evitando il declassamento di Washington, nonostante lo stallo politico che vede Casa Bianca e Congresso con le mani legate, impossibilitati a prendere una decisione, andando fino in fondo (cioè mettendola in pratica). Dopo che si è sparsa la voce del mancato accordo tra i parlamentari, Barack Obama ha minacciato il veto verso qualunque tentativo volto a bloccare il meccanismo dei tagli automatici. Mille e duecento miliardi di dollari nei prossimi dieci anni, seicento dei quali al Pentagono. Il segretario della Difesa Leon Panetta si è già lamentato: "Questa amputazione mette in pericolo la sicurezza degli Usa. In 40 anni di servizio non sono mai stato così preoccupato della capacità del Congresso di trovare soluzioni di buon senso ai problemi urgenti del paese". Poi, con amarezza, ha rincarato la dose: "Le nostre truppe meritano di più, il nostro paese merita di più".
Standard & Poor's
L'agenzia di rating S&P ha già fatto sapere che non taglierà il rating degli Usa, nonostante il supercomitato non abbia raggiunto un accordo. Ad agosto l'agenzia aveva tagliato il rating degli Stati Uniti da Aaa ad Aa+, il primo downgrade nella storia del Paese.
Romney attacca Obama
L'ex governatore del Massachusetts, tra i favoriti nella corsa per le primarie repubblicane, approfitta dell'occasione per sferrare un duro attacco a Obama: "Avevo anticipato che il presidente degli Stati Uniti avrebbe passato ogni giorno e molte notti al lavoro con i membri del supercomitato, per trovare un ponte sull'accordo sul deficit, ma invece ha fatto altro, campagna elettorale, polemiche e viaggi. Questo, secondo me, non ha scuse". Nessuna novità, tutto secondo copione.
Democratici contro i Tea Party
Si getta subito nella mischia il leader dei democratici al Senato, Harry Reid: "La gente è stanca che i rappresentanti ascoltino le voci estreme dei loro partiti, invece di quelle della ragione.
Sono deluso che i repubblicani non trovino mai il coraggio di ignorare gli estremisti dei Tea Party e i rappresentanti milionari delle lobby come Grover Norquist, ascoltando invece l'assoluta maggioranza degli americani, inclusa quella composta da repubblicani, che vuole un approccio bilanciato alla riduzione del debito".
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