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Una valvola di sfogo per Hamas

Israele non ha mai avuto una politica estera. Contrariamente a quella militare, ha sempre solo reagito a pressioni esterne. Quelle arabe spesso si sono dimostrate positive per lo Stato ebraico. È il caso dello sfondamento da parte di Hamas della barriera di frontiera con l'Egitto e «l'invasione» di migliaia di palestinese nel Sinai. Con questa «invasione» è stato sfatato il mito di un assedio mai esistito con cui Israele teneva prigionieri, affamandoli, milione e mezzo di palestinesi. Questi, infatti, hanno sempre potuto andare in Egitto mentre erano le autorità del Cairo a centellinare i permessi di entrata.
L'abbattimento del muro di frontiera ha persino portato la polizia egiziana a sparare contro le donne che veniva comperare cibo bombole di gas, ferendone sessanta. L'Egitto - per quanto non soggetto come Israele al bombardamento di missili palestinesi - non ha mai inviato a Gaza aiuti "umanitari". Mubarak ha dovuto cedere non per aiutare i "fratelli" palestinesi ma perché, reagendo con la forza alla "invasione" del suo territorio provocata da Hamas (emanazione fondamentalista armata del movimento dei Fratelli Musulmani egiziani), avrebbe provocato uno scoppio di rivolta in Egitto.
Israele teme che la frontiera ora aperta con l'Egitto permetta l'arrivo a Gaza di nuove armi. È possibile, ma non sarebbe che la continuazione del contrabbando di armi attraverso tunnel scavati sotto il muro di frontiera che gli egiziani non hanno mai impedito ma spesso aiutato. L'incremento di questo traffico porterebbe a reazioni militari israeliane e danneggerebbe la posizione dell'Egitto, soprattutto nei confronti di Washington che sostiene la sua economia con due miliardi di dollari all'anno.
La crisi economica di Gaza ha un risvolto economico e di sicurezza per l'Egitto. In un momento in cui il governo del Cairo ha difficoltà nel fronteggiare l'aumento del prezzo della farina e del pane sul suo territorio, non gli sarà facile rifornire i negozi lungo la frontiera di Gaza svuotati dai palestinesi. Deve inoltre pensare a come proteggere le centinaia di ville spesso vuote dei ricchi vacanzieri egiziani che nella splendida foresta della vicina El Arish hanno costruito le loro residenze.
Hamas ha compreso la necessità di controllare l'esodo dei palestinesi nel Sinai: un esodo che la stessa organizzazione integralista ha provocato per evitare che gli abitanti di Gaza si rivoltassero contro di essa. Ha proposto un controllo di frontiera comune con l'Egitto e l'odiato governo di Al Fatah in Cisgiordania. Da Ramallah è subito arrivato un netto rifiuto. Quello che Hamas teme è il confronto fra la miseria di Gaza - che non essendo occupata lancia razzi contro Israele - e il miglioramento delle condizioni di vita in Cisgiordania dove l'economia rifiorisce. A darle una spinta c'è la migliorata sicurezza e il progetto del presidente israeliano Shimon Peres, con il coinvolgimento del Canada e della Turchia, per la creazione di 100mila posti di lavoro per i palestinesi.

«Valgono più di 50mila fucili», ha detto Peres annunciando la raccolta di 100 milioni di dollari per la rapida realizzazione del progetto.

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