Vampira in tv, mamma-letterata nella vita

Nipote di un teologo, da piccola suonava l’organo in chiesa. Poi ha lavorato per moda, cinema, teatro e televisione

«Paragonata a Roma, Milano è un luogo celato, che si nasconde. È una città che non si mette in mostra ma lavora da dentro, con una logica ferrea. Porta con sé ogni tipo di ricchezza e la distribuisce come può, ma sempre secondo una concezione morale equa ed equilibrata». Parola di Xena Zupanic, croata doc milanesizzata e personaggio di Markette, trasmissione cult di Piero Chiambretti su La 7. In tivù appare con le sue incredibili trasformazioni, tra cui l’autoironica vampira dal trucco pesante, gli abiti stravaganti e gli urli da brivido: «Voglio morire» e «Dammi un po’ del tuo sangue», diventati suonerie di cellulari per estimatori.
L’artista che viene dai Balcani abita nei pressi di Porta Romana con la figlia Persefone e Damir, marito-filosofo conosciuto in Croazia sui banchi di scuola. L’appartamento, più back stage di teatro che abitazione, è foderato di libri fino al soffitto. Ci riceve in accappatoio, senza un filo di trucco, alta e impressionante nella sua fisicità: occhi lancia-dardi alla cat-woman, voce rauca e sensuale che aderisce perfettamente a questo suo volto plastico e drammatico, mutevole nella sua bellezza eccezionale fuori dal tempo. Un aspetto dirompente per il quale all’inizio molti la trovano «strana». Ma lei con questa sua stranezza ci gioca. Se sul sito di Markette si presenta come un'aliena con tanto di testo delirante («X come Xena. Xena come straniera. Straniera a me stessa, esiliata dalla parte diurna del mio essere»), nella vita di tutti i giorni è una giovane signora pratica e coltissima con la passione per la lettura. (Ha una doppia laurea in Filosofia e in Storia dell’arte conseguita all’università di Zara e diplomi all’Accademia d'arte drammatica e alla Scuola superiore di cinema e tivù di Zagabria). Nata in Croazia a Labin, in quella che allora era ancora la Jugoslavia di Tito, nipote da parte materna di un famoso teologo protestante, da piccola suonava l’organo in chiesa e muoveva i primi passi in teatro. Fu così che divenne attrice ma anche artista a tutto tondo: dalle sfilate per i maggiori stilisti alla tivù e al cinema, dove ha recitato con grandi registi tra cui Salvatores, Risi e Ferreri; e musa di Helmut Newton che l’ha immortalata nei suoi famosi scatti. Difficile inquadrare in un solo ruolo questa performer dai mille talenti, che nei Balcani attinge le energie ma che di Milano non può più fare a meno: «Nell’Ottocento - racconta - visitando la città, Stendhal notò parecchi alberi di fico. Il fico è un albero mediterraneo, levantino, con frutti generosi e dolci, in grado di sfamare subito. Ecco il motivo, forse inconscio, del mio arrivo qui». Tra le molte iniziative, Xena ha fondato insieme a Mario Canali un centro multimediale, Ludiialydis, e invitato personaggi come lo psicomago Alejandro Jodorowski.
«Milano cede come una donna innamorata e assorbe chiunque sia capace e ambizioso - dice -. È un alveare ricco, pieno di api, quelle stesse api di Sant’Ambrogio che, secondo la leggenda, si posarono sulla sua ignara bocca d’infante. Cosa cambierei? Mancano spazi vuoti e il verde, “vv” per la Milano del futuro.

Per il resto mi auguro meno consumismo: avere tutto a disposizione non è male, ma alla lunga rischia di perdere significato. Il nostro è un mondo cannibale che divora cose e persone. Che vantaggio mi porta tutto questo se poi mi ruba il sorriso?».

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