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Il Vaticano teme lo spettro di una nuova Guerra fredda

In un'intervista a Il Timone, il cardinale Pietro Parolin auspica un mondo libero dalle armi nucleari. E si pone in continuità con Casaroli

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La missione del Papa per allentare le tensioni al confine russo-ucraino ha il volto del presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Matteo Maria Zuppi. Tuttavia, l'iniziativa si svolge d'intesa con la Segreteria di Stato a cui compete l'attività diplomatica della Santa Sede. Nel racconto delle questioni vaticane spesso si è cercato di avvalorare la tesi secondo cui esisterebbe una differenza di vedute tra la Segreteria di Stato ed il Papa per ciò che concerte la guerra in Ucraina e le sue possibili implicazioni. Di recente, però, il cardinale segretario di Stato, il veneto Pietro Parolin, ha utilizzato parole e concetti che appartengono al dizionario geopolitico di Francesco.

La minaccia di una nuova Guerra Fredda

Intervistato da Lorenzo Bertocchi su Il Timone, Parolin ha lanciato l'allarme dicendo che "il mondo sembra essere regredito in una nuova dinamica di Guerra fredda, con caratteristiche diverse rispetto a quella del secolo precedente". Il prelato ha puntato l'indice sulle "nuove tecnologie" che "accrescono i rischi posti dal possesso di armi nucleari, le cui detonazioni intenzionali o accidentali avrebbero conseguenze umanitarie e ambientali disastrose". La domanda del giornalista partiva proprio dal rischi di una escalation nucleare nell'ambito del conflitto in Ucraina. Pochi giorni fa, in occasione della Giornata internazionale per l’Eliminazione delle Armi nucleari, Francesco ha affidato al social X la sua ennesima condanna della minaccia dell'uso delle armi nucleari. "Il possesso di armi atomiche è immorale poiché - come osservava Giovanni XXIII nella Pacem in terris – «non è escluso che un fatto imprevedibile metta in moto l’apparato bellico». Sotto la minaccia di armi nucleari siamo tutti sempre perdenti!", ha scritto il Papa.

Una contrarietà ribadita anche da segretario di Stato che a Il Timone ha ribadito che "la Santa Sede è fortemente a favore di un mondo libero dalle armi nucleari" elencando anche i motivi di questa posizione. Tra di essi c'è "l'inadeguatezza dei sistemi di difesa basati sulle armi nucleari", così come "i catastrofici impatti umanitari e ambientali derivanti dall'uso degli ordigni nucleari" che riflettono l'attenzione ecologica che si è vista nell'attuale pontificato. Il cardinale veneto ci ha tenuto ad evidenziare anche "le conseguenze negative che derivano da un persistente clima di paura" che riporta la memoria a quanto vissuto nel Dopoguerra ai tempi della contrapposizione tra il blocco occidentale e quello orientale.

La scelta multilaterale

La visione del contesto geopolitico presentata dal cardinale Parolin riflette l'approccio multilaterale nella diplomazia che la Santa Sede ha adottato sin dai tempi del pontificato di Paolo VI. Durante gli anni di Montini, infatti, avviene sia la nomina del primo osservatore permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite nel 1964, sia l'accoglimento dell'invito a partecipare alla conferenza di Helsinki. Una partecipazione, quest'ultima, che si rivelò utile all'inserimento della libertà religiosa tra i i diritti umani in un periodo in cui era ancora in piedi la cortina di ferro ed erano in corso le persecuzioni anticristiane nei regimi comunisti. Nella linea tenuta dal capo delegazione alla Conferenza, l'allora monsignor Agostino Casaroli che poi sarebbe diventato segretario di Stato, si ritrova la stessa diffidenza nei confronti dell'equilibrio basato sulla paura espressa oggi da Parolin. All'epoca, come oggi, si riteneva sbagliata la corsa agli armamenti come garanzia di pace in virtù del criterio di bilanciamento tra potenze perché prima o poi questa sfida avrebbe potuto portare al verificarsi di qualche tragedia.

La centralità del tema della pace nella visione geopolitica della Santa Sede, dunque, non è una novità dell'evento bellico in Ucraina ma è un'eredità di quel nuovo approccio alla diplomazia internazionale inaugurato negli anni di papa Montini e di cui fu interprete il predecessore di Parolin, Agostino Casaroli.

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