Economia

Il vecchio leone sotto assedio

Dalla ricca buonuscita Fiat all’avventura nella moda, fino al business degli scali

da Milano

Il vecchio leone è ferito. L’incidente di metà settembre nella tenuta di Cetona, quando è finito con la sua macchina contro un muro, ha lasciato il segno: una frattura al femore non è uno scherzo, specie a 82 anni. Questa volta Cesare Romiti deve giocare la sua partita dalla poltrona.
Ma la grinta è quella di sempre. Anche perché la posta in palio è di quelle importanti: il controllo dell’ultimo fortilizio rimasto alla famiglia. Quella di Gemina è, per i Romiti, una sfida decisiva: una sconfitta segnerebbe la fine di un’avventura imprenditoriale che da sette anni, tra alti e bassi (questi ultimi più numerosi dei primi), occupa stabilmente le cronache finanziarie.
Allora, era il 1998, Cesare Romiti portò all’incasso la cambiale firmata dalla famiglia Agnelli. Il supermanager, seguendo la scuola Cuccia, non aveva mai voluto una azione delle aziende per cui aveva lavorato. Ma al momento di lasciare la Fiat, raggiunti i 75 anni, si accordò per una liquidazione di pregio: un’opzione per una quota pari a quasi il 19% di Gemina e il 5,5% di Hdp. I giornali parlarono di un’operazione dal valore di 300 miliardi di lire.
Dal punto di vista dei numeri quei soldi non hanno fruttato molto. Il capitale industriale rimasto oggi ai Romiti coincide in pratica con il valore della partecipazione in Gemina. Dopo i rialzi di ieri, che hanno portato la capitalizzazione a circa 900 milioni, la quota del 20% corrisponde a 180 milioni. Bisogna tenere conto però della situazione della finanziaria di famiglia, la Miotir, a cui la partecipazione in Gemina fa capo. Qui i debiti con le banche sono di poco inferiori ai 40 milioni.
In tutto rimangono circa 140 milioni: meno, dunque, di quelli di sette anni fa. E soprattutto una dotazione troppo scarsa per consentire ai Romiti di fare fronte senza problemi alle esigenze di una Gemina impegnata nell’acquisto delle quote di Adr della Falck e della famiglia Sensi. Anche un aumento di capitale come quello necessario per finanziare l’operazione diventa dunque un problema.
Il fatto è che i Romiti, da molto tempo sono in ritirata: nei primi anni a dare le maggiori delusioni fu la moda; Hdp, conglomerata a due teste, cercò di creare il polo italiano del lusso fondendo le proprio aziende con quelle dei Marzotto, un matrimonio naufragato a un passo dalle nozze. E presto fu necessario liberarsi di tutte le aziende del settore. Nel 2004 i Romiti e Gemina dovettero poi abbandonare anche l’editoria, ormai rimasta unica attività di una Hdp diventata Rcs Mediagroup. Lo scorso inverno fu la volta di Impregilo, zavorrata dai debiti: Gemina ha conservato un 11% destinato a essere venduto ai nuovi soci di riferimento.
Ora Gemina controlla solo qualche partecipazione finanziaria (per esmpio l’1% di Rcs) pronta a essere ceduta alle condizioni migliori.

Dal punto di vista strategico ha un solo asset importante: quegli Aeroporti di Roma su cui i Romiti giocheranno il loro futuro di dinastia industriale.

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