«Il vecchio Materazzi è rimasto a Berlino Ora sono più sicuro»

Intervista al campione dell’Inter che ieri sera ha «debuttato» alla prima della Scala: «E in vita mia non mi ero mai sentito così bello»

nostro inviato

ad Appiano Gentile
Materazzi uno e Materazzi due. Materazzi uno è quello che, nel primo pomeriggio, sgambatteva sul campo di Appiano, il vecchio Matrix delle arene calcistiche. Materazzi due quello comparso a sera, alla Scala: alla prima dell’Aida. Un modello di gentleman. Che alla fine si è detto: «Per una volta mi sono sentito bello». Effetti della gloria calcistica.
Già! Scusi Materazzi, ma dov’è finito suo fratello?
«Sempre a Roma».
No, quello che giocava nell’Inter prima dei mondiali. Un po’ eccessivo in tutto. Lei oggi è olimpico: nella calma.
«C’è sempre, ma ha acquisito più sicurezza. È stato il più bel regalo del mondiale. La gente vede un’altra persona».
Questo Materazzi è splendido: pochi falli e buon calcio...
«Guardi, ho giocato 400 partite: ogni tanto può capitare di non prenderci, qualche fallo sopra le righe. Ma pure gli attaccanti possono sbagliare 20-30 gol. Nella vita si sbaglia».
Ora, però, Materazzi piace. Tira aria diversa...
«Spero di continuare così. Ricordo con affetto chi mi ha voluto bene. È una soddisfazione anche per loro. Per mia fortuna gli estimatori esistono e sono soprattutto interisti».
Il segreto di questa Inter?
«Dover dimostrare per forza di essere forte. Sappiamo di dover vincere e possibilmente convincere».
Fa paura l’idea di dover vincere?
«Non ci deve essere. Come quando vai a scuola per un esame: se sei preparato bene, se studi vai tranquillo. Se non studi, rischi di non farcela. Tutti sappiamo dove dobbiamo arrivare. Non dove vogliamo. È un obbligo per noi stessi, per la società e per chi ha costruito una squadra importante».
Siete una squadra di teste un po’ matte, effervescenti. Eppure sembrate più tranquilli del solito. Merito dei successi?
«Ci sono personalità e caratteri forti. Meglio: chi ha carattere non dice sempre sì. Talvolta serve affrontarsi a brutto muso».
Quest’anno avete meno scontri a brutto muso?
«Rispetto agli anni scorsi sono aumentati. Ma è la nostra forza: chi va in campo sa di dover superare i rancori. E li supera. È sintomo di intelligenza, significa che siamo più maturi. Sennò tenere il muso è stupido».
Con Mancini solito rapporto di lavoro o qualcosa di meglio?
«Solito rapporto. Ci siamo anche affrontati a muso duro, ma entrambi vogliamo il bene dell’Inter e questo ci guida. Lui mi fa giocare quando mi vede in forma e io rispondo sul campo. Se tutto dipendesse dal giocare o no, neppure lui apprezzerebbe».
Il bello del suo 2006?
«Tutto, perché alla fine, per mia fortuna, ho vinto tutto. Spero di continuare così, anche se non è facile. È difficile mantenere certi livelli».
Il brutto?
«Forse il dopo mondiale. Non si è dato il giusto peso alla vittoria dell’Italia con tutto quanto ne è derivato: dalla testata di Zidane in poi. Avremmo meritato ben altri elogi. Una squadra che ha subito solo due gol, è giusto che vinca».
I francesi hanno rovinato la festa?
«Alt, io ammiro molto Henry per quello che ha detto a Cannavaro: goditi il pallone d’oro perché lo hai meritato. Lo ha detto uno che per cinque anni è sempre finito nei primi cinque del premio senza vincerlo. È un signore e un campione vero. Oltre ad essere uno dei miei idoli».
Sulla torre ci sono Zidane, Moggi e Thuram in rappresentanza di chi ha sparato su Materazzi. Chi butta giù?
«Solo Thuram».
Salva Zidane?
«Non lo salvo, lo rispetto. Credo che, alla fine, si sia trovato a gestire una cosa più grande di lui. Penso non abbia deciso lui quello da dire e quello che non andava detto. In fondo è una persona piacevole e simpatica, come dice di me chi mi conosce. Io, quando sbaglio, ammetto le colpe e mi scuso».
Scelga: campionato o champions? Una sola risposta.
«Campionato per vincere quello che tutti dicono non meritavamo. Vorrei sbattere lo scudetto in faccia a chi non conosce i regolamenti. La Champions è un torneo strano, ti può tradire da un momento all’altro».
L’avversario più pericoloso?
«Come squadra la Roma: ha un grandissimo pubblico, gioca bene ed ha Totti, l’ottavo re di Roma».
L’Inter ora vince ed è meno simpatica...
«Vogliamo essere simpatici agli interisti. Per loro lo eravamo anche quando perdevamo. Meglio essere antipatici e vincere quattro scudetti. Come si dice? Tanti nemici, tanto onore».
La forza della squadra?
«Una rosa completa, costruita con la testa. E quella forza fisica che aiuta quando hai bravi giocatori».
Il punto debole?
«Non abbiamo ancora sbagliato contro le grandi squadre. Contro le piccole dobbiamo registrarci».
L’attaccante che non vorrebbe mai incontrare?
«Henry e Ronaldinho: ti infilano inesorabilmente. Ci vuole un’intera squadra per fermarli. Come noi al mondiale. Poi gli altri forti sono in squadra con me».
Senta Materazzi, chiuso col calcio, cosa farà da grande?
«Mi godrò i figli.

Mi ha fatto piacere vincere il mondiale anche per loro. A scuola i compagni sentivano cosa si diceva di me e li massacravano. Così si sono presi la rivincita: peccato che abbiamo vinto d’estate, quando la scuola era chiusa».

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