Negli ultimi tempi sul federalismo fiscale si è detto e scritto molto. Quello che vale la pena di precisare è che spesso ci si è fermati ad alcuni banali luoghi comuni: il federalismo fiscale fa aumentare i costi e le tasse, divide Nord e Sud, mette in pericolo la solidarietà, il finanziamento della sanità e la garanzia del debito pubblico.
Quanto è stato realizzato allinterno del processo di attuazione del federalismo fiscale rappresenta però oggettivamente tuttaltra cosa.
A oggi sono già stati approvati dal governo sette decreti legislativi. Quello sul federalismo demaniale, quello su Roma Capitale e quello sui fabbisogni standard di Comuni e Province sono ormai definitivi; gli altri due hanno iniziato liter dei pareri in Conferenza unificata e in parlamento presso la Commissione bicamerale sul federalismo fiscale. Sono i decreti su: fisco municipale; fisco regionale, provinciale e costi standard in sanità. Sono inoltre stati approvati dal Consiglio dei ministri altri due decreti: quello sullarmonizzazione dei bilanci pubblici degli enti territoriali e quello su meccanismi di governance, premi e sanzioni (ad esempio, il fallimento politico degli amministratori che provocano il dissesto finanziario di un ente territoriale).
Compreso in questi suoi reali termini, il federalismo fiscale può essere definito il più imponente processo di razionalizzazione della finanza pubblica sub statale realizzato nella nostra storia repubblicana. Non è esagerazione.
Si è trattato di un processo diretto a raddrizzare quello che il ministro Tremonti ha giustamente definito come «lalbero storto» della finanza decentrata, che occorre radicalmente sistemare per rispetto di obblighi comunitari e per mantenere quella credibilità internazionale che è condizione di affidabilità sui mercati finanziari.
Ad esempio, i bilanci regionali presentavano un tasso di indecifrabilità pari al 30 per cento a causa di un distorto «federalismo contabile», introdotto a partire dallimperfetta riforma costituzionale del 2001. Solo a seguito della codifica unitaria imposta dalla Copaff (Commissione tecnica paritetica per lattuazione del federalismo fiscale) è stato possibile confrontare alcune voci di spesa regionali, scoprendo che ci sono regioni come la Campania dove la spesa per lamministrazione generale, gli organi istituzionali e gli apparati burocratici regionali è quasi venti volte quella della Lombardia.
Si trattava di un disordine che veniva poi pagato da tutti gli italiani attraverso i ripiani a pié di lista, come quello, emblematico, di ben 12 miliardi di euro attuato dallultimo governo Prodi a favore di cinque Regioni del Centro e del Sud in extra deficit sanitario che, nonostante tutto, continuano ancora oggi in disavanzo. Con quei 12 miliardi si sarebbe potuta ridurre di oltre un terzo lIrap.
Il federalismo fiscale che è stato attuato attraverso i decreti legislativi rappresenta una sintesi altamente equilibrata dei valori di solidarietà, gradualità e responsabilità, e mette lelettore nelle condizioni di esercitare effettivamente, attraverso una nuova trasparenza sulle voci di entrata e di spesa, il controllo democratico della sequenza «vedo, pago, voto».
Il federalismo fiscale, infine, apre un nuovo spazio alla valorizzazione della sussidiarietà orizzontale e alle realtà sociali efficienti attive sui territori.
*Presidente della Commissione
tecnica paritetica per lattuazione
del federalismo fiscale
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