Giacomo Susca
«Cliccare e curiosare, acquistare e rivendere oggetti su internet era il nostro passatempo preferito. Ora è diventato un lavoro». Poche parole bastano a Ferdinando Mavellia, imprenditore trentenne di Milano, per spiegare il cammino di un sogno dallideazione alla realtà. La svolta dopo un viaggio a Las Vegas per imparare i trucchi del mestiere. Così, assieme a Raoul Florio, Fabio Russo e Francesco Picariello, coetanei e compagni di scorribande, qualche settimana fa ha preso in affitto un locale sulla sponda del Naviglio Pavese e ha sistemato sulla saracinesca uninsegna colorata con su scritto: «Venduto!».
«Siamo il primo negozio della città che aiuta a piazzare oggetti usati in Rete attraverso il portale e-Bay», si vantano i quattro mostrando la certificazione del colosso americano delle aste online. Negli Stati Uniti questo tipo di attività sono diffuse quanto i fast food e le chiamano «drop-off shop», cioè posti in cui lasci qualcosa di tuo e qualcuno si occupa dei passaggi intermedi fino alla vendita delloggetto. Consegna allacquirente e pagamento compreso.
«È semplice: vieni da noi col giradischi che non sai più dove mettere. Noi ne stimiamo il valore e provvediamo a redigere una descrizione formato digitale completa di foto e in doppia lingua. Quindi lo mettiamo allasta su e-Bay», illustra Ferdinando. «Più un servizio gratuito di ritiro per gli oggetti offerti dai clienti disabili», assicurano gli altri soci. «Poi non devi far altro che aspettare la mail che ti informi dellesito della transazione». Il tutto in cambio di una commissione - oltre a quelle già previste dal sistema e-Bay - che parte dal 30% del prezzo finale e scende allaumentare di questultimo. E se, malauguratamente, dopo una settimana quel «vecchio catorcio» proprio non se lo fila nessuno, rimane nel deposito di «Venduto!» in attesa di miglior sorte: essere donato ad associazioni no profit. A dire il vero, Fanny, che con le altre mogli e fidanzate appena può viene a dare una mano in negozio, sta pensando ad una serata di beneficenza con gli oggetti invenduti e raccolti al piano di sotto, magari approfittando dellisola pedonale sui Navigli.
Tra i progetti futuri di Ferdinando e soci cè anche quello di aprire una «divisione per le aziende dedicata alla gestione di dismissioni, invenduti o giacenze di magazzino». Una naturale evoluzione dellattività, «una volta ingranato, potrebbe essere allargarsi con la formula del franchising. Già ci sono pervenute una ventina di richieste da tutta Italia».
Intanto, in un quartiere dove gli esercizi commerciali spuntano come funghi, «Venduto!» comincia ad attirare lattenzione di appassionati e curiosi, soprattutto giovani fan di e-Bay, ma pure chi, al contrario, non ha dimestichezza con mouse e carta di credito. Basta farsi dire quali sono stati i primi oggetti scambiati con successo. «Una pompa sommergibile, una radio vintage arancione, una coppia di vasi giapponesi alti un metro e mezzo», riferiscono orgogliosi i giovani imprenditori. «Oltre ad una consolle da dj è andata via in un lampo e una macchina per scrivere Remington degli anni Trenta».
Stranezze di internet, ma fino a certo punto. «Una signora ci ha scritto dicendo di volersi disfare di una Lotus Super Seven stile Graham Hill». A lei abbiamo dovuto dire di no - sorridono - Non sappiamo come portarla in cantina!».