Venezia, gli amici di Battisti via dalle biblioteche

Iniziativa dell’assessore alla Cultura della Provincia di Venezia: "Boicottare gli intellettuali che hanno difeso il terrorista". Tra le 2mila firme raccolte in difesa del latitante ci sono quelle di 40 scrittori. Nel 2004 con una petizione chiesero la liberazione dell'ex membro del Pac

Venezia, gli amici di Battisti via dalle biblioteche

Venezia - Roberto Saviano è salvo. Il suo Gomorra potrà tranquillamente essere distribuito dalle biblioteche della provincia di Venezia. Questo perché un paio di anni fa, con una buona dose di preveggente buon senso, lo scrittore napoletano chiese e ottenne dalla rivista online Carmilla («Letteratura, immaginario e cultura di opposizione») di ritirare la propria firma apparsa, insieme ad altre duemila e passa, in calce a un appello datato 2004 «per la liberazione dello scrittore Cesare Battisti». Ed è proprio contro i moltissimi autori (aleno 40) che all'epoca firmarono robe tipo «la vita di Cesare Battisti in Francia è stata modesta, piena di difficoltà e di sacrifici, retta da una eccezionale forza intellettuale», o ancora «ha vissuto povero ed è povero tuttora, nulla lo lega a “terrorismi” di sorta, se non la capacità di meditare su un passato che per lui si è chiuso tanti anni fa», che si è scagliato l'assessore alla Cultura della Provincia di Venezia, Raffaele Speranzon, arrivando a lanciare una iniziativa-choc: «Via dagli scaffali delle biblioteche civiche i libri degli intellettuali che difendono questo terrorista».

L'idea di un boicottaggio civile, in realtà, è partita dal Comune di Martellago (Venezia). Qui un consigliere comunale del Pdl, Paride Costa, e un semplice cittadino, Roberto Bovo, hanno sparato la proposta di togliere dalle biblioteche del sistema veneziano i libri scritti da coloro che hanno firmato una simile scemenza. Speranzoni l'ha fatta propria e ora punta a un coinvolgimento regionale.
Il rischio di rispondere a una scemenza con un'altra scemenza è grande. I precedenti di chi voleva bruciare i libri in piazza non è molto incoraggiante. Ma qui in Veneto l'irritazione nei confronti della decisione del Brasile di non estradare l’ex terrorista in Italia, arrivata dopo anni di fastidiosa ipocrisia transalpina, ha fatto arrabbiare parecchia gente. Far passare Battisti per «un uomo onesto, arguto, profondo, anticonformista nel rimettere in gioco fino in fondo se stesso e la storia che ha vissuto, in una parola, un intellettuale vero» (questo hanno firmato, tra le altre follie, gli autori le cui opere Speranzoni oggi vorrebbe al rogo, pardon, al macero) non è quel che si dice un omaggio ai poliziotti Antonio Santoro e Andrea Campagna, al gioielliere Pierluigi Torregiani, al macellaio Lino Sabbadin, per l'omicidio dei quali Battisti è stato giudicato colpevole dalla giustizia italiana. Giustizia che evidentemente merita elogi e attestati di stima solo se si occupa della vita notturna del premier.

«Scriverò agli assessori alla Cultura dei Comuni del Veneziano - ha dichiarato Speranzoni al Gazzettino - perché queste persone siano dichiarate sgradite e chiederò loro, dato anche che le biblioteche civiche sono inserite in un sistema provinciale, che le loro opere vengano ritirate dagli scaffali: è necessario un segnale forte dalla politica per condannare il comportamento di questi intellettuali che spalleggiando un terrorista».

Tra questi paladini della giustizia figurano i nomi di Daniel Pennac, Vauro, Nanni Balestrini, Tiziano Scarpa e Massimo Carlotto. «Speranzon sappia - ha dichiarato quest'ultimo - che ho firmato anche per i Rom, il chee dal suo punto di vista è ancora più grave. E ora che mi accadrà? Una cosa è sicura: anche se dovessi cambiare idea domattina sul caso Battisti, certo non ritirerei mai quella firma. Io a questo ricatto non cedo».

La deriva di chi si compiace di recitare la parte dell'intellettuale à la page e finisce col difendere assassini indifendibili e l'esasperata boutade di chi reagisce chiedendo di togliere i libri dalle biblioteche civiche, fanno capire che questo resta un paese capace di dividersi anche su un criminale comune

condannato per omicidio con sentenza passata in giudicato. Non un gran segnale. Sempre meglio, comunque, di quei paesi che, influenzati anche da deliranti appelli di «uomini di cultura», quel criminale se lo coccolano.

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