Politica

«Venite, ho ammazzato una persona»

da Merano

È sconvolto il padre del piccolo Julian, quattro anni e mezzo, colpito a morte con un coltello dalla madre. Fiorenzo Delladio, impiegato all'azienda elettrica consorziale di Bolzano e Merano, era al lavoro al momento della tragedia. Non si aspettava che Cristine, la moglie 39enne, che da tempo soffriva di crisi depressive, potesse arrivare a tanto. La donna era cambiata dopo la perdita della madre, che l'aiutava molto in casa, quando si era ritrovata sola dopo avere dato alla luce l'ultima bimba. Cristine si lamentava, diceva di non farcela a gestire la famiglia. Ieri quindi la tragedia, dopo la quale la donna ha telefonato alla polizia dicendo in tedesco: «Ho ucciso una persona».
E delle preoccupanti condizioni della donna si era reso subito conto il procuratore Cuno Tarfusser che aveva chiesto l'intervento degli psicologi per assistere l’infanticida oltre all’altro figlio di sei anni, testimone impotente della tragedia. Tarfusser ha poi aggiunto di avere fatto intervenire una ditta specializzata della quale il tribunale di Bolzano si serve da tempo per realizzare un filmato tridimensionale della scena del delitto, prima dei rilievi della polizia scientifica.
«Stiamo assistendo a uno spaventoso aumento dei delitti familiari, cresciuti di 6 volte nell'ultimo quinquennio» (di trenta negli ultimi 10 anni, ndr), commenta amaro Tonino Cantelmi, presidente degli psichiatri cattolici. «Il fenomeno è probabilmente legato a due cause: in primo luogo all'allentarsi dei legami familiari e alla progressiva scomparsa di modelli di riferimento all'interno delle famiglie. Ma anche, e forse questo è l'aspetto più drammatico - sottolinea Cantelmi - questi delitti sono legati alla mancanza di un contesto sociale in grado di intercettare quella lunga catena di difficoltà che sfocia in un delitto simile: manca sempre più un vicinato attivo o quelle "antenne familiari" che consentano di evitare isolamento ed emarginazione. Il centro di assistenza, insomma, non basta», insiste. «Il cosiddetto raptus, o blackout, di fatto non esiste. Si tratta piuttosto di una lunga catena di problemi che spesso non viene intercettata.

Questi delitti avvengono in contesti familiari in cui ci sono forti tensioni e conflitti, ma anche isolamento ed emarginazione».

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