(...) E lei, la Marta Vincenzi, non ci lascia accendere i caloriferi. Ingrata! Non bisogna votarla più». A chi lo dice. Sì, però, vede, è maggio inoltrato, i caloriferi adesso, con il petrolio che sale... «Ma guardi che non cè maggio che tenga! Io stamattina mi sono rimessa il piumino, cerano 11 gradi». Non esageriamo, magari erano 13 o 14. «Belin, cosa vuol dire? Non mettetevi a difendere la sindaca anche voi del Giornale. Ce lo dica, alla signora di Palazzo Tursi: vogliamo stare al caldo».
Giriamo la richiesta, che non resta isolata, anzi: oltre alle tante telefonate in redazione, basta salire su un mezzo pubblico, entrare in un negozio, incontrare gli amici. Argomento principe di conversazione, resta sempre il freddo boia di questa maledetta, pazza primavera. Al secondo posto, a pari merito - ma solo se resta il tempo - Appaltopoli, la Champions League, e le liti di condominio. Ma il freddo spopola quasi più che Cambiaso-candidato sindaco nel sondaggio del Giornale.
Ma ecco che a spazzare via le incertezze di Marta - «laccendiamo, non laccendiamo?», neanche fossimo a un telequiz - e a scompaginare ancora di più la situazione meteorologica e umorale dei cittadini, arriva lultimo bollettino meteo, quello che vale per oggi e domani. Testuale: è previsto un «brusco aumento delle temperature, dovuto allingresso sulla Liguria del vento di favonio, con raffiche di burrasca fino a 60-70 chilometri orari». Lo prevedono quelli del centro meteoidrologico di Protezione Civile della Regione, mica i miei reumatismi. Dovrebbe trattarsi, però - questa volta sono anche i miei reumi a parlare -, di un fenomeno passeggero poiché già nelle prossime ventiquattrore i venti torneranno a spirare forti da nord con raffiche attorno ai 60 chilometri orari nelle zone esposte e allo sbocco delle valli. Così, il favonio - che poi sarebbe il solito «föhn», quel vento di caduta caldo e secco che in montagna scioglie la neve in un amen - verrà soppiantato dalla tramontana nostrana.
Per oggi, comunque, calderine spente. Domani si vedrà. Ma ci sarà sempre lei, Marta, calorosa e pimpante, che dal suo ufficio a Palazzo continuerà a ripetere: «Né pe mazzo, né pe mazzõn, no te levâ o pelissõn».
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