da Roma
Linsostenibile pesantezza dellessere: pacifisti, comunisti, di lotta, di governo. Troppo e troppi, contemporaneamente, i fili intrecciati. Passioni umane e politiche aggrovigliate e neppure più distinguibili. E se il nodo del governo sta nella sinistra radicale, il nodo della sinistra radicale sta nella presenza di due partiti gemelli e separati. Rifondatori e comunisti; comunisti e italiani. Anticossuttiani e postcossuttiani si fronteggiano dal 98 e, da ieri, nello stesso governo con logiche fredde e spietate. Ed era davvero singolare vedere i capigruppo di Prc uscire dal vertice con l«accordo fatto» e la capogruppo pdci con il «manco per sogno».
Ma a che riunione sono stati? Evidentemente a due differenti. Sedia a sedia, comunisti e comunisti, gomito a gomito. Più lontani non potrebbero essere. Se un bandolo della matassa si può tirare, forse è giusto partire da quello numerico e politico. Ovvero: da ieri lUlivo ha riconosciuto ufficialmente in Rifondazione comunista linterlocutore privilegiato. Se cè da trattare, si tratta con Prc, cui è delegata la rappresentanza, per così dire, della sinistra radicale. Arcipelago a sua volta molto composito, e difficilmente rappresentabile, dove ci sono movimenti, spezzoni di sindacato, associazioni ong, volontariato, perfino parte del pacifismo cattolico e dei Cobas, che ieri erano in piazza a protestare contro tutte le missioni militari italiane nel mondo.
Rifondazione si è proposta questa sfida, ha incamerato un certo credito per svolgerlo, si è dannata lanima per giungere a mediazioni accettabili. E ieri sera, dopo cena, ha riunito i gruppi di Camera e Senato per digerire fino a notte fonda il «dissenso»: quei voti contrari sbandierati ai quattro venti dai senatori Gigi Malabarba, Franco Turigliatto, Fosco Giannini eccetera, che comunque tengono in perenne apprensione la maggioranza. Eppure la novità di ieri è stato lannuncio dei capigruppo Migliore e Russo Spena che si poteva fare a meno della fiducia: segno che il «dissenso» poteva rientrare, che i compagni ultrapacifisti a quelle condizioni «potevano starci».
Motivo che rende ancora più insostenibile la posizione solitaria del Pdci, e a suo modo «eroico» il dissenso di Manuela Palermi. Comunista, ma di rito diverso e dunque «non soddisfatto». Nemesi vuole che sulla stessa discriminante, ma a parti invertite, sia nata la scissione tra bertinottiani e cossuttiani allepoca del primo governo Prodi. Gli uni dichiarati «sfascisti», gli altri autodefinitesi «responsabili». Ma oggi quella vicenda non va rivangata, perché laltra novità è che - ucciso edipicamente il «padre» nella figura di Armando Cossutta - il Pdci di Diliberto e Rizzo si trova a non poter forzare la mano più di tanto. Imbrigliato nella sua stessa camicia di forza. Perciò vorrebbe il voto di fiducia, per smarcarsi a sinistra e dimostrare che il Prc non «tiene» e non «rappresenta».
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