La prima scritta -6 è proprio lì, accanto al portone del civico 34 di via Senato, a pochi metri dalla fermata dellautobus. In segno di spregio verso i paracadutisti caduti laltro giorno nella strage di Kabul. Un numero rosso che ricorda il colore del sangue delle vittime con un meno davanti ad indicare un calcolo spietato. La seconda invece lhanno lasciata poco più avanti, in corso Venezia. Questa volta accanto a un manifesto appeso su una pensilina dei mezzi pubblici.
Milano, sabato pomeriggio: la vergogna sfila in corteo insieme alle centinaia di manifestanti che sono scesi in piazza per ricordare Abba, il ragazzo africano morto il 14 settembre 2008 nellaggressione subita dai due titolari del bar «Shining» di via Zuretti per aver rubato un pacco di biscotti. Ci sono tutti a sfilare nelle vie del centro della città: Rifondazione comunista, il Partito comunista dei lavoratori, Sinistra critica, Emergency, Radio popolare. Oltre ai collettivi studenteschi, i centri sociali e il comitato «per non dimenticare Abba». Sono tutti lì con i loro striscioni e i cartelli a rivendicare libertà e giustizia. Per urlare i soliti slogan contro Berlusconi, lamministrazione e il vicesindaco De Corato.
Poi qualcuno si stacca dal gruppo e con uno spray di vernice ricorda sul muro di un palazzo la carneficina in Afghanistan, con un insulto. Saranno in due o tre, non di più ma nessuno fa una piega o prova a fermarli. Il tempo di marcare il territorio e rientrano subito nei cordoni. Quando la manifestazione arriva a piazza Fontana si dileguano in mezzo agli altri.
Hanno i volti da ragazzini appena sbarbati, vestiti di nero con tanto di anfibi piercing e magliette che inneggiano allanarchico Gaetano Bresci o con lacronimo Acab (all cops are bastards). E quando li avvicini per chiedere il perché di quellingiuria, ridono e poco altro. «La scritta? Uno sfottò per i militari di Kabul, certo (...)
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