IL VERO FASCISMO

La battuta migliore delle ultime elezioni l’ha detta, secondo me, Maurizio Gasparri. Dopo la vittoria del centrodestra, a dei grillini che gli vociavano intorno dandogli del fascista, ha risposto: «Le elezioni sono state vinte democraticamente, voi contestate la democrazia. Fascisti!» Paradossale come tutte le battute, la frase ha un fondo di verità. Non è un atteggiamento democratico rinfacciare il fascismo a una destra che al fascismo non si è mai richiamata, o che se ne se ne è staccata da tempo e in ogni modo.
Si accetta che persino degli ex terroristi vengano eletti in parlamento, in quanto si crede nella loro capacità di ricredersi e cambiare. Ma questa capacità non viene riconosciuta alla destra e - specialmente quando vince - si continua a identificarla con un regime scomparso da oltre sessant’anni. Già il Movimento sociale era diverso sia dal fascismo-movimento delle origini, sia dal fascismo-regime della dittatura, sia dal fascismo repubblicano di Salò. E se il partito di Giorgio Almirante rimase a lungo incancrenito su posizioni nostalgiche fu anche perché, considerandolo «fuori dall’arco costituzionale», gli si impedì di evolversi, oltre che di partecipare a qualsiasi governo di centrodestra. In realtà la destra, nel suo insieme, ha dimostrato negli ultimi due decenni di essere mobile e pronta a cambiare.
L’evoluzione - netta e radicale - ci fu con il congresso di Fiuggi, ormai storica. Da allora nessuno potrebbe sostenere sul serio che Alleanza nazionale abbia mai avuto posizioni «fasciste». Anzi, ha pagato il suo distacco dalla destra estrema con una serie di piccole e grandi scissioni (l’ultima, recentissima è quella di Storace). Unirsi a Forza Italia nel Pdl è stato un ulteriore passo che non dovrebbe lasciare dubbi. Eppure, all’indomani della democratica elezione di Alemanno a sindaco di Roma, giornali e siti dell’opposizione pubblicano con voluttà foto di sgradevoli ragazzi che esultano con il braccio teso, suggerendo implicitamente che siano rappresentativi del 53 per cento e passa di romani che ha votato Alemanno. Il quale può non piacere: per esempio anch’io, quand’era ministro dell’Agricoltura, contestai con durezza le sue posizioni sugli ogm (simili a quelle di Mario Capanna…).

Proprio non seguendo Storace, suo sodale fino a quel momento, Alemanno ha dimostrato di avere rinunciato a posizioni anche soltanto velate di nostalgia. Nessuno più, tranne Berlusconi, che ne ha fatto un rito, rimprovera a D’Alema o a Veltroni di essere stati comunisti. Perché non deve valere il contrario?
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