«È vero, ho ucciso mia madre l’ho colpita col ferro da stiro»

Colpo di scena al processo, Zubine confessa: «Poi l’ho fatta a pezzi con il seghetto e messa in cantina»

«Ho ucciso io mia madre. L’ho fatto perché non riusciva a sopportare la mia convivente Marinella Russo, da lei definita “una schifezza umana”. Marinella è la mia donna, io la amo, non potevo sopportare tutti quegli insulti. Così, il 16 giugno 2004, mentre Marinella era fuori casa, ebbi l’ennesima discussione con mia madre proprio perché aveva esagerato con gli insulti alla donna che amo. La mamma era a letto. Io la colpii due volte alla testa con un ferro da stiro. Morì quasi sul colpo. Non fu un delitto passionale - ha detto l’imputato - ma solo una reazione ad una provocazione».
Dopo due anni di ipotesi adesso è finalmente tutto chiaro sulla morte di Maria Arena, ex cantante lirica, uccisa a 77 anni dal figlio, Boris Zubine, 60 anni e tagliata in otto pezzi. I resti, nascosti in altrettanti sacchetti di plastica, furono trovati, nel luglio di due anni fa, nella cantina dell’abitazione della vittima: il tanfo che emanavano aveva allertato più di un residente. E, in seguito, i carabinieri, ai quali toccò il macabro ritrovamento.
Ieri mattina è stato lo stesso imputato, davanti alla prima Corte d’Assise, a cancellare ogni dubbio ricostruendo l’accaduto in ogni particolare. A questo punto l’imputato ha fornito anche la data dell’omicidio che l’autopsia aveva temporalmente collocato in alcune settimane prima del ritrovamento del cadavere. «(...)e io chiusi quella camera per impedire che, al rientro, la mia compagna se ne accorgesse. Tre giorni dopo con un seghetto e un coltello feci a pezzi il corpo e siccome io ho un braccio solo (il sinistro non funziona più dal 1974, ndr) distribuii i resti in diversi sacchetti di plastica che portai uno per volta in cantina. Lo so, dopo l’omicidio avrei dovuto chiamare il 118. Non lo feci perché non volevo separarmi da mia madre. I carabinieri avrebbero subito portato via il suo corpo».
Rispondendo alle domande del pubblico ministero Luca Poniz, l’omicida ha poi spiegato di non avere fatto una ricostruzione così precisa durante l’inchiesta perché «quello che uccise mia madre era come un’altra persona. Soltanto col tempo ho riacquistato la lucidità». A questo punto sono cominciate le domande del difensore Raffaele Ronchi e l’uomo ha ricordato anche un altro omicidio per il quale scontò 17 anni di carcere: l’uccisione dell’uomo la cui moglie aveva avviato una relazione extraconiugale con lui.
Nel corso dell’udienza è stata interrogata anche la fidanzata, Marinella Russo appunto, 35 anni, accusata di favoreggiamento personale. La donna, completamente scagionata dall’ex compagno, il giorno in cui vennero trovati i resti del cadavere escluse che potessero essere della madre di Zubine in quanto la donna si trovava in ospedale, secondo quanto gli aveva riferito il compagno.

Il pubblico ministero ha poi chiesto come mai nel corso di un colloquio registrato in carcere con Zubine non avesse mai fatto all’uomo domande sul delitto. «Non mi sembrava il caso» ha risposto lei.
Quindi la parola è passata a un perito psichiatra che ha definito l’imputato affetto da un grave disturbo della personalità. Il processo riprenderà ora il 30 maggio.

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