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Brescia, storia e leggenda delle tazzine delle fate

La leggenda delle tazzine delle fate rappresenta parte della mitologia silvestre di Brescia: qui, dove i beni culturali tangibili sono notevoli, esiste anche un patrimonio immateriale senza prezzo

Brescia, storia e leggenda delle tazzine delle fate
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Il territorio di Brescia è molto stimolante a livello culturale, perché la città, sorta nel XIII secolo a.C. è stata testimone di civiltà e dominazioni che vi si sono avvicendate. La più importante delle quali è, come è accaduto in molte zone d’Italia, la dominazione longobarda, che ha lasciato un retaggio culturale notevole, evidente dai beni culturali che hanno permesso alla Leonessa d’Italia di diventare sito Unesco.

Le zone più antiche del Belpaese rappresentano, oltre alle ovvie fucine culturali, che hanno portato a concrete testimonianze, anche un repertorio di usi, costumi e leggende: un patrimonio immateriale di cui fare tesoro. E Brescia non fa differenza. Come? Attraverso la leggenda delle tazzine delle fate.

Le leggenda delle tazzine delle fate

Mughetto

Secondo il mito bresciano, nelle valli della zona, le fate organizzarono una grande festa nel bel mezzo della vegetazione. Nessuno le vide, ma loro si abbandonarono alla spensieratezza, ballando, cantando e brindando.

Dopo il divertimento, nessuna fata si ricordò di pulire, e anzi le loro tazzine rimasero abbandonate sul prato e si moltiplicarono a dismisura, restando occultate dalle foglie, come un dolce segreto. Si “tramutarono” in delicati fiori bianchi che prendono il nome di mughetti, e che sono simbolo di diversi concetti astratti: civetteria, felicità e fortuna.

Un’altra leggenda locale sul mughetto

Mughetto

Nella zona di Brescia, delle Prealpi e in generale della Lombardia, esistono altre leggende legate al mughetto. Un’altra in particolare, vede ancora una volta protagoniste le fate. Stando al mito, un usignolo si innamorò di una rondinella: per lei “compose” meravigliosi canti d’amore, ma l’uccellina sembrava impermeabile all’amore del volatile invaghito.

Con il passare dei giorni, il canto dell’usignolo si rattristò profondamente, e venne udito dalle fate. Una in particolare, la fata più giovane, decise di far innamorare la rondinella dell’usignolo, che finalmente tornò a intonare canti felici.

Purtroppo, all’arrivo dell’autunno, la rondinella dovette migrare verso i Paesi caldi. Ma lasciò l’usignolo con una promessa e un pegno d’amore: sarebbe tornata, ma intanto gli avrebbe lasciato tre piume. La fata tramutò le piume in mughetti, in modo che quando sarebbero fioriti, l’usignolo avrebbe saputo che l’amata sarebbe tornata di lì a breve.

Nella terra delle fate e degli gnomi

Gnomi e fate

Fate e gnomi rappresentano un forte retroterra mitologico del Bresciano. Laddove la realtà ha lasciato notevoli segni tangibili di grande spessore culturale, si indulge anche in ciò che attiene alla sfera del fantastico.

Per questa ragione, a Gavardo, in provincia di Brescia appunto, esiste una struttura che si basa sull’apparato mitologico locale, chiamata Giocabosco. La struttura, dedicata ai bambini, alle famiglie e alle scuole, esiste dal 2005 e consta di diversi giochi e divertimenti a tema fate e gnomi appunto.

In realtà, ed è questo il risvolto fondamentale dell’iniziativa, attraverso i giochi e la mitologia silvestre, riescono ad apprendere il rispetto della natura (sia in termini di flora che in termini di fauna) e poi a portarlo con sé in ogni ambito della propria quotidianità.

Tutto qui, tra l’altro, è ecosostenibile, a partire dalle casette degli gnomi, che sono in legno.

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