Viaggio "abusivo" in ambulanza: 6 mesi a Selva

Il senatore finse un malore per farsi portare negli studi di un'emittente tv per un dibattito: il traffico a Roma era bloccato per la visita del presidente Bush. Lui replica: "Ho la coscienza a posto ma non mi ricandido"

Viaggio "abusivo" in ambulanza: 6 mesi a Selva

Roma - Sei mesi di reclusione e 200 euro di multa. È la condanna inflitta al senatore Gustavo Selva (ex An ora in Forza Italia), al termine del rito abbreviato, al senatore Gustavo Selva dal gup di Roma Maria Giulia De Marco. Selva era accusato di truffa aggravata per aver usufruito di un’ambulanza fingendo un malore. Il gup ha accolto la richiesta del pm Leonardo Frisani. Selva era difeso dagli avvocati Alfredo Biondi e Paola Rizzo. I fatti che risalgono al 9 giugno scorso. In quell’occasione Selva approfittò dell’ ambulanza, nel caos cittadino determinato dalla presenza del presidente americano George W. Bush a Roma, per farsi portare negli studi dell’emittente La7 dove era in programma un dibattito televisivo.

Per i difensori di Selva, presente in aula, la truffa pluriaggravata "è insussistente. È un reato contro il patrimonio e in questa vicenda non ci sono elementi costitutivi della truffa. Quell’ambulanza era a disposizione dei parlamentari - hanno argomentato gli avvocati Rizzo e Biondi - era stata "comandata" per la presidenza del consiglio in caso di eventuali emergenze sanitarie dei politici e non era destinata ad essere utilizzata dai cittadini". Breve il commento di Gustavo Selva: "Ho la coscienza a posto, mi sono salvato dalle Brigate Rosse, mi salverò anche da questo". Qualche ora dopo Gustavo Selva ha reso nota la decisione di non candidarsi per il Senato dopo la sentenza. "La sentenza - scrive Selva - mi impone un unico e preciso dovere politico e di coscienza come cittadino e come parlamentare: la rinuncia alla candidatura al Senato nel collegio del Veneto".

La vicenda giudiziaria ha preso spunto da un esposto contenente la relazione chiesta dal presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, al direttore generale

dell’Ares-118 del Lazio Vitaliano De Salazar. Agli atti della procura finì anche il video mandato in onda da La7 nel quale lo stesso Selva avrebbe ammesso l’escamotage ideato per raggiungere in tempo gli studi televisivi.

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