«Viale Jenner, una base per la Jihad»

Milano come base logistica e di reclutamento di mujaheddin per la lotta islamica in Afghanistan, Algeria, Tunisia, ma anche in Cecenia e in Bosnia. Ieri l’operazione «Rakno Sadess» («Sesto pilastro») che ha portato all’esecuzione, da parte del Nucleo di polizia tributaria di Milano, di 9 ordini di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti tunisini accusati di associazione con finalità di terrorismo internazionale. La cellula islamica, secondo il pentito che ha permesso di smantellare il gruppo, aveva progettato possibili attacchi alla metropolitana, alla questura e al comando dei carabinieri. Spicca ancora una volta il ruolo centrale della moschea di viale Jenner definita dagli investigatori «luogo di persuasione alla jihad». È da lì infatti che sarebbero partiti kamikaze morti poi in attacchi suicidi in Tunisia e in Algeria.

È da lì che venivano raccolti i soldi (con attività anche illecite come lo spaccio e l’immigrazione clandestina) per finanziare gli attacchi terroristici. Dalla moschea si difendono: «Dimostreremo che non c’entriamo niente». Ma Matteo Salvini (Lega Nord) annuncia per venerdì una una manifestazione in viale Jenner per «chiederne l’immediata chiusura».

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