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Video e ricatti incrociati, diventa un giallo la tangente di Pennisi

L'inchiesta di Milano. Basso ha tenuto per cinque mesi nel cassetto la prova della corruzione. E ora si scopre che è socio di un uomo di Corona

Video e ricatti incrociati, diventa un giallo la tangente di Pennisi

Milano Una cosa è sicura: Milko Pennisi, consigliere comunale a Milano ed ex presidente della Commissione Urbanistica, è un politico pronto a incassare quattrini in cambio di delibere. Ma le certezze finiscono qua. Perché sul caso che scuote Milano, che riempie i giornali di rievocazioni e di analogie con la stagione convulsa di Mani Pulite, si intrecciano voci e veleni che rendono la storia meno banale e più complicata di quello che appariva al primo momento. Nel valzer delle voci, allora bisogna affidarsi ai documenti. E i documenti che il Giornale è in grado di pubblicare dicono che questo affare è direttamente collegato ad un’altra storia che ha fatto molto parlare di sé: quella nota come Vallettopoli, l’inchiesta sul mondo dei paparazzi, delle foto, del pettegolezzo a pagamento. È dall’interno di questo mondo che è partita la denuncia che ha messo nei guai Pennisi. E a ben guardare, la storia del consigliere Pennisi si potrebbe leggere anche come una versione in salsa politica della classica «paparazzata», con il video della tangente al posto delle foto di amorazzi clandestini finiti al centro dei processi a Fabrizio Corona.
Eh sì, perché è l’ombra di Corona - il «re del gossip», condannato a tre anni e otto mesi per estorsione - che si staglia su questa vicenda. L’imprenditore che fa arrestare Milko Pennisi, infatti, è tutt’altro che un semplice e un po’ ingenuo costruttore bresciano, costretto a muoversi senza punti di riferimento nella vorace Milano degli appalti e delle delibere. Mario Basso, in realtà, è legato a doppio filo a uno dei luogotenenti più fidati di Corona, Filippo Rey. Ai tempi dei fasti di Corona, Rey era il più efficiente dei suoi venditori, uno specialista nel piazzare scatti rubati ai settimanali affamati di gossip. Quando Corona cade, Rey si mette in proprio. Crea una sua agenzia, la Rey Production. Secondo l’ultimo numero dell’Espresso, «nell’ambiente tutti la considerano il nuovo braccio operativo di Fabrizio». Ma la Rey Production non è tutta di Rey, anzi, l’ex venditore ne è un socio di minoranza. I dati della Camera di commercio raccontano che la società è stata costituita il 23 luglio scorso. Il capitale sociale è in mano per il 19 per cento a Filippo Rey, per il 51 per cento alla Pinko Pallino srl, una agenzia di pubblicità di Romano Berneri, altro esperto navigatore del settore. E per il 30 per cento a Mario Basso, il vulcanico imprenditore bresciano del caso Pennisi.
Ancora le visure camerali, raccontano che Basso non è affatto il proprietario dell’area di via Broglio, alla Bovisa, per cui chiederà l’intervento di Milko Pennisi. Della società che controlla il terreno, la Broglio 10, è effettivamente l’amministratore unico, ma del capitale sociale detiene solo il 2 per cento. Eppure è lui a scrivere a Pennisi protestando per i ritardi della pratica. Ed è lui a scucire in due rate i diecimila euro che - secondo quanto Basso racconta alla Procura - il consigliere comunale pretende per sbloccare la delibera.
Giovedì scorso, Pennisi viene filmato dalla polizia giudiziaria mentre ritira la seconda rata della mazzetta. Subito dopo, viene arrestato. Ma il filmato decisivo, per capire qualcosa dell’accaduto, è quello dell’autunno scorso, quando Basso, con una microcamera, filma la consegna della prima rata. La microcamera se l’è fatta prestare da una sua vecchia conoscenza, Fabrizio Pensa detto Bicio, fotografo, già collaboratore di Corona, divenuto oggi il principale teste d’accusa dell’inchiesta bis su Vallettopoli. Quando Basso restituisce l’attrezzatura («me l’ha anche scassata», brontola adesso “Bicio”) lascia nella memoria il filmato della consegna. Pensa parte per il Sudamerica, e quando vede il contenuto del file rimane di sasso.
Su cosa accade dopo, le versioni divergono. Mario Basso sostiene - secondo quanto riferito alcuni giorni fa dal Corriere della sera - di essere stato ricattato da “Bicio” Pensa, che minacciava di divulgare il filmato. Ma “Bicio” racconta la faccenda in modo molto diverso. «Io il filmato me lo sono tenuto lì, anche se è chiaro che avrei potuto venderlo e farci dei soldi. Ma non mi andava. Però poi è successo il casino delle foto di Lapo Elkann».
Scusi, cosa c’entrano le foto di Lapo? «È semplice. Parliamo delle foto alla casa dei trans di via Padova, quelle con la Ferrari gialla di Lapo parcheggiata sotto la casa. Quelle foto, e anche altre più esplicite, le avevo fatte io. Non erano mai state pubblicate, e in fondo mi andava bene così perché io a Lapo voglio bene. Invece alla fine di gennaio le fotografie vengono pubblicate da Oggi. E a venderle a Oggi sono stati Fabrizio Corona e la Rey Production. Insieme hanno portato a casa sessantamila euro, e a me ne hanno dati poco più di duemila. A quel punto mi sono arrabbiato come una bestia e ho chiamato Filippo Rey dicendo che se non mi davano quel che mi spettava per le foto di Lapo io mi vendevo il filmato con il pagamento della tangente. Almeno rientravo un po’ dalle spese». Ne ha parlato anche con Mario Basso, che ora dice di essere stato ricattato da lei? «Neanche per sogno, io ho parlato solo con Rey».
Parola dell’uno contro la parola dell’altro. Però va registrata una curiosa coincidenza. Le foto di Lapo vengono pubblicate il 26 gennaio, la telefonata inferocita di Pensa a Rey è di uno o due giorni dopo. Ma è come se quella chiamata rimettesse in moto anche i contatti - che sembravano entrati in sonno - tra Mario Basso e il consigliere Pennisi. Secondo Pennisi, è Basso a telefonargli in quei giorni, «rimasi stupito quando lui mi ha contattato». Basso invece dice di essersi semplicemente arreso alle insistenza del consigliere. Sta di fatto che l’11 febbraio i due si vedono, viene versata la seconda tranche, Pennisi viene arrestato. Se è stata una trappola - come Pennisi sostiene nel suo verbale - bisogna dire che il consigliere comunale ci si va a infilare con la voracità di un topo nel formaggio.

Ma resta la domanda di “Bicio”: «Perché il signor Basso si è tenuto il suo filmato nel cassetto per tutti questi mesi? Cosa voleva farci? E perché lo ha portato in Procura solo quando io ho chiesto i soldi che mi spettavano per le foto di Lapo?». Già: perchè?

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