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Videogiochisti unitevi contro gli oscurantisti

Chi non ha vissuto l'adolescenza negli anni '80 non può capire il mondo di oggi. E non è poco...

Videogiochisti unitevi contro gli oscurantisti

Questo è un articolo di denuncia, per difendere i maschi tra i 45 e i 55 anni, non solo dalle femministe e dalle donne in generale, ma anche da chiunque sia più giovane o più vecchio. Perché non sapete cosa subiamo noi ogni giorno. Noi che siamo nati quando nascevano i videogiochi, che negli anni '80 abbiamo avuto tutte le prime console, e ci sentiamo dire ogni giorno che siamo troppo vecchi per giocare. Adesso basta. Perché chi non ha vissuto l'adolescenza negli anni '80 non può comprendere il mondo di oggi. Anche perché, tra l'altro, è appena uscito Warzone 2.0, e siamo 150 milioni che scendiamo in battaglia ogni giorno su un'isola, e non siamo infantili, siete voi che non capite niente. Ogni anno esce fuori uno psicologo per dire che i videogiochi fanno male o rendono violenti. Un cavolo, le neuroscienze dicono che attivano molte aree del cervello, a differenza per esempio che stare davanti alla tv a vedere un talk show, lì le sinapsi ti diventano patatine fritte.

Ma torniamo al discorso dell'età, perché ormai si gioca in multiplayer, con una squadra con cui parli, comunichi. Io e il mio partner Zyo, il mio caro amico psicoterapeuta che però ora vende occhi (di resina) a chi ne manca uno, ci troviamo in squadra sempre con bambini, ragazzini e ragazzi tra i 10 e i 25 anni che inevitabilmente ci chiedono quanti anni abbiamo, e quando lo sanno ci danno dei matusalemme. «Ma che sei mio nonno?». Anche perché spesso e volentieri potremmo essere i genitori dei loro genitori, che ovviamente non giocano ai videogiochi, perché hanno 30 o 40 anni. E quindi «Ma davvero avete cinquant'anni? Ancora giocate?».

Ma piccoli stronzi, noi giochiamo da quando i videogiochi erano due stanghette che dovevano essere racchette e un quadrato che doveva essere una pallina. Se poi vogliamo essere pignoli, nel frattempo abbiamo studiato, e molto, io sono diventato un grande scrittore, e il diritto a giocare me lo sono guadagnato, e Zyo è coltissimo e vende occhi bellissimi. Casomai dovreste essere voi a non giocare ancora. Lo stesso capocultura di questo giornale, Alessandro Gnocchi, se gli toglieste la Playstation si ucciderebbe, e è una delle persone più colte che conosca.

E veniamo ai più vecchi, i nati prima del 1970, che non hanno mai toccato un joystick, e se ne vantano. Prendo il mio amico scrittore Fulvio Abbate, sempre a parlare di Sessantotto, anarchia, impegno politico, Pasolini. Che palle, e una volta scambiò la DeLorean di Ritorno al futuro che Matteo Renzi portò alla Leopolda per un Dragster americano, vantandosene. Noi invece abbiamo letto sia Pasolini che, ancora meglio, Proust e Joyce, ma sappiamo che Ritorno al futuro è stato per noi più importante di Trotzsky, e la stessa cosa con i videogiochi: ci hanno formato culturalmente. Perfino Carlo Calenda, e è strano perché è del 1973, ha detto che i videogiochi causano incapacità di leggere e ragionare. Gli spedisco la mia bibliografia, lui mi spedisca la sua, e vediamo.

Anche le mamme lascino stare i loro figli. Giocano e non leggono, può darsi. Diventeranno ignoranti? Forse, nel caso potrebbero avere una carriera politica, ma anche una carriera da competenti nel mondo dei videogiochi. Quattro anni fa scrissi proprio qui sul Giornale un articolo su Leonardo Nioi, in arte Velox, che i genitori volevano mandare all'università a fare Scienze della comunicazione. Guadagna più dei genitori, dissi, lasciatelo fare, a Scienze della comunicazione andrà a insegnare. Velox stesso mi disse che stavo esagerando, non guadagnava più dei genitori, oggi non me lo dice più, sono stato preveggente. Oggi Velox ha quasi un milione di follower su Youtube e guadagnerà dieci volte più di me streammando su Twitch, dove ogni sera quattromila persone lo guardano giocare. Se non sapete cosa significa streammare su Twitch mi dispiace ma non ve lo spiego, sarebbe inutile, sarebbe come spiegare l'importanza di Marty McFly a Fulvio Abbate.

Che poi perché se uno gioca a Call of Duty è infantile e chi gioca a calcetto no? Perché chi guarda Velox o un campionato di e-sports (sport elettronici, appunto), deve essere un ragazzino scemo e chi guarda una partita di calcio no, che tra l'altro è molto più monotona e noiosa: sempre lo stesso campo, sempre gli stessi uomini in mutande che tirano calci a un pallone per infilarlo in una porta? Sono quelli che, se giocano, rubano la Playstation ai figli per giocare a Fifa, e a quelli che giocano a Fifa i sessantenni e neppure i quindicenni non dicono niente, perché è calcio. Sappiate che si attivano molti più neuroni nel giocare a un multiplayer di guerra, dove servono riflessi, tattica, strategia, collaborazione, che a guardare una partita di calcio o giocare a Fifa.

Infine le donne. Non solo le donne murgiane, ma la quasi totalità delle donne. Che credono non ci siano differenze di predisposizione tra maschi e femmine, che credono che la relatività l'abbia scoperta la moglie di Einstein, mentre in realtà avrebbe voluto che Einstein pulisse i pannolini ai bambini come lei. Le donne, anche non femministe, o tormentano i mariti che stanno alla Playstation, o al massimo amano console come la Wii. Se volete la parità, imparate a tenere in mano un pad.

Che non saprete neppure cos'è.

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