Franco Ordine
da Milano
Vincere, soffrendo. Il vecchio motto di casa Massimo Moratti resta sempre buono anche nel primo giorno di una nuova era, con lo scudetto sul petto vinto a tavolino e la Supercoppa davanti agli occhi. LInter gioca male e va sotto di tre gol in un tempo, poi si riprende quasi tutto, la scena, il comando del gioco e anche il successo sorpassando nei supplementari i romanisti ormai spolpati dalla stanchezza. La Roma di Spalletti, senza ricambi allaltezza, e con un precario stato fisico, si lascia rimontare per colpa di un portiere poco affidabile. La prendono per stanchezza e nei punti deboli. Labilità balistica di Figo colma le lacune di Ibrahimovic, il senso del gol di Crespo fa dimenticare lastinenza di Adriano. Alla fine gli interisti giocano addirittura a torello, in superiorità numerica (Chivu espulso). La gioia del primo trofeo portato a casa non deve far dimenticare gli affanni e gli errori commessi. Non sempre si possono rimontare tre gol.
A dar retta alle voci di dentro, dopo il primo tempo, sembra di aver sbagliato partita. La Roma viene accreditata in grave ritardo, costretta, tra laltro, dalla burocrazia a rinunciare a Pizarro (permesso di soggiorno notificato in ritardo). A dar retta alle voci di dentro e a quelle che incorniciano San Siro col tricolore sul pennone, lInter è alla sua prima prova-finestra. Deve vincere tutto e non può non cominciare dalla Supercoppa. Forse Moratti e Mancini fanno ancora in tempo per realizzare il grande slam ma la partita che inaugura la stagione del dopo-moggiopoli lascia nei due tempi sensazioni contraddittorie. La Roma, invece di farsi deprimere dal proprio ritardo, prende il pallino e comincia a disegnare calcio geometrico. Già in campionato, qualche mese fa, mise a soqquadro la metà campo interista e qui ripete lesibizione oltre che il risultato. In 35 minuti, che non sono poi una eternità, rifila sulla schiena del povero Toldo tre gol che certificano della bravura più che della freschezza atletica giallorosse. E il parziale, realizzato senza uno straccio di attaccante, con Totti a galleggiare tra Samuel e Materazzi, è tuttaltro che un episodio. In occasione del primo sigillo, a complicare la vita di Toldo provvede un «buco» di Javier Zanetti, nello svolgimento delle altre due giocate sono i triangoli a mandare in tilt la difesa nerazzurra. Aquilani, per due volte, sinfila negli spazi e perfeziona con due stoccate il blitz promosso da Totti e da Taddei.
LInter delle belle statuine resta a guardare per quasi tutta la prima frazione. Sospinta nei primi minuti dalla vivacità di Figo, ma poi arenata lungo le curve di un gioco molto involuto e poco efficace, che salta la metà campo per prediligere i lanci che non sono certo utili alla causa di Ibrahimovic e di Adriano. Inutile prendersela con il brasiliano battezzato capro espiatorio della stagione, non centra niente. Semmai è la difesa, nella sua parte centrale, che fa acqua e non trova lassistenza necessaria da parte di Vieira e Cambiasso. Il primo e unico sussulto viene rappresentato dallinserimento in quota di Vieira sulla punizione di Figo: la sua girata di testa (1-3) è un massaggio cardiaco ai cinquantamila che rinunciano allultimo fine-settimana per godersi lo spettacolo. La fiducia nella Beneamata viene ricompensata nella ripresa appena la Roma, senza più benzina nel serbatoio, si ferma per strada e lascia campo oltre che iniziativa allInter, nel frattempo ridisegnata da Mancini con una serie di sostituzioni. La prima richiama Grosso per Maicon, la seconda Adriano per Crespo ed è forse il cambio che in qualche modo modifica il corso degli eventi. Al primo cross utile, dalla destra, di Stankovic, Crespo, di testa trova langolo scoperto di Doni e firma il 2 a 3. Rimonta perfezionata nove minuti più tardi da un assalto allarma bianca dellInter. Ibrahimovic, smarcato, trova la possibilità di mancare la porta, al suo traino arriva Vieira che invece sotto porta spalancata non sbaglia:
3 a 3. La Supercoppa ritorna in parità e a poco giovano gli interventi di Spalletti per rinfrescare le truppe giallorosse: Tonetto, Mido e Cassetti hanno una cifra tecnica talmente inferiore rispetto agli altri che la Roma, nel finale, si consegna alla sconfitta.
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