La viltà di Badoglio fece fallire l’operazione Giant

Caro Granzotto, in un suo recente Angolo lei ha ricordato il verbo inglese «to badogliate», dal nome del maresciallo Badoglio e indicante un comportamento non leale e anche un po’ fellone. Credo che non sia più di uso comune, se mai lo fu. Questo perché gli autori del neologismo sapevano d’avere la coscienza non tanto candida: se infatti gli Alleati avessero mantenuto la promessa e proceduto il 9 settembre all’aviosbarco su Roma - l’operazione Giant - non avremmo avuto la «fuga» del re e dell’intero Stato maggiore, lo sfascio dell’Italia e probabilmente la guerra civile che ne seguì. Come lei ama dire, carta canta.
e-mail

Bé, sì, caro Corti: la storia non si fa con i se e con i ma, però se avesse avuto luogo l’Operazione Giant 2 - concordata con gli Alleati al momento della firma dell’armistizio corto - re, governo e Stato maggiore sarebbero rimasti nella capitale «liberata» e le cose avrebbero preso tutt’altra piega. C’è solo da precisare che l’aviosbarco non ebbe luogo non per cattiva volontà degli angloamericani, ma per l’assoluta mancanza di volontà nostra. Per codardia («Qui ne va della nostra pelle» era il refrain degli alti gradi militari) quella scritta martedì 7 settembre 1943 da Badoglio (capo del governo), da Roatta (del Servizio informazioni militare), da Ambrosio (capo di Stato maggiore generale) e da Carboni (comandante il Corpo d’Armata motocorazzato che avrebbe dovuto fornire l’appoggio agli Alleati) fu una pagina nera che più nera non si può. Correndo altissimi rischi, il generale Maxwell Taylor, vice comandante della Divisione che avrebbe dovuto occupare Roma, e il colonnello Wiliam Gardiner, del comando trasporti truppe, giunsero clandestinamente a Roma intorno alle otto di sera del 7 settembre. La loro missione era di assicurarsi che tutto fosse pronto e predisposto per l’aviosbarco, che avrebbe avuto luogo di lì a una decina di ore. Furono subito condotti alla sede del comando del Corpo d’Armata motocorazzato, ma invece del generale Carboni vi trovarono una tavola imbandita. Taylor obiettò che non c’era il tempo per una cena di gala, ma gli ufficiali presenti insistettero (fu servito: consommé, costolette di vitello e crêpes suzettes, il tutto ordinato al Grand Hotel dal tenente Raimondo Lanza di Trabia, aiutante di campo di Carboni). Al caffè, Taylor chiese quando finalmente avrebbe potuto incontrare Ambrosio. Gli fu risposto che quella sera era impossibile (il capo di Stato maggiore era infatti a Torino. Per aiutare la moglie in un trasloco). Taylor andò su tutte le furie ricordando che l’aviosbarco era per l’indomani e che dunque doveva assolutamente parlare con un comandante responsabile. Finalmente Carboni si fece vivo e con un certo imbarazzo riferì a Taylor che gli aeroporti erano sotto controllo tedesco (una menzogna), che la Divisione motocorazzata non aveva il carburante necessario al combattimento (un’altra menzogna) e che la divisione tedesca dislocata nei pressi di Roma aveva appena ricevuto massicci rinforzi, tra cui 200 carri armati (terza menzogna). A Taylor caddero le braccia e pretese, con le cattive, di incontrarsi con Badoglio. Assai recalcitrante, Carboni lo condusse in via Bruxelles, dove risiedeva il Maresciallo d’Italia. Dopo un’anticamera di un quarto d’ora, a mezzanotte circa Badoglio fece la sua comparsa. In pigiama. Alla vigilia dell’aviosbarco americano, quello che avrebbe potuto cambiare il corso della storia, Pietro Badoglio era andato a dormire. Ciò bastò a Taylor per convincersi che dagli italiani non avrebbe avuto il necessario supporto militare, semmai bastoni fra le ruote.

Aprì allora la valigetta contenente la radio che aveva con sé e trasmise il messaggio: «Situation innocuous», che, in codice, stava per: annullare l’Operazione Giant. Quarantott’ore più tardi, quatti quatti, il re, il governo e lo Stato maggiore prendevano la via per Pescara.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica