Non è facile parlare con una donna che ha subito una violenza così terribile come quella a cui è stata sottoposta lei. Eppure la 42enne impiegata di uno studio legale che giovedì scorso è stata seviziata nel parco di villa Litta, ad Affori, poco prima delle 8.30 del mattino, ha raccolto tutti gli elementi utili allindagine e li ha raccontati agli investigatori della squadra mobile con dovizia di particolari. È ancora spaventata, sotto choc e dolorante sia nel fisico sia nella mente. Eppure quelluomo che lha assalita alle spalle qualche minuto dopo che aveva portato a scuola il suo bimbo, in via Faccio, non lo dimenticherà mai: italiano, capelli corti, biondo, corporatura atletica. Una descrizione, questa, che ha prodotto anche un identikit, ma che non trova purtroppo alcun riscontro di valore nelle immagini registrate dalle telecamere della zona e nemmeno dal racconto dei testimoni sul tipo notato fuggire via, di spalle e per qualche attimo, pochi attimi dopo lo stupro. «Non lo conosco, non lho mai visto» ha dichiarato più volte limpiegata agli investigatori che, pur credendole, hanno lobbligo del dubbio: lo stupratore, infatti, è stato così violento con la sua vittima da far pensare quasi a uno «sfregio» fatto a qualcuno che, per qualche ragione, si odia e non a una persona presa di mira casualmente in un parco, peraltro in pieno giorno. Tuttavia, anche in questo caso, chi investiga deve attenersi a quel che la vittima racconta e ricorda, a meno che non emergano altri elementi.
Per questo la polizia sta vagliando tutte le piste. Dopo aver sentito tutti i pregiudicati con precedenti per violenza sessuale che abitano tra Affori e la Comasina e, fra loro, anche un soggetto ricoverato al Centro psico sociale di zona per una patologia che, in passato, lo ha portato a commettere più stupri, ora si sta passando al setaccio la vita privata della donna. Gli investigatori non hanno esitato infatti ad analizzare i contatti che limpiegata può avere su internet. Tutto per capire se il «folle» possa essere una conoscenza casuale alla quale la donna, anche involontariamente, ha raccontato qualcosa di sé che gli permettesse di rintracciarla, di risalire alle sue abitudini, ai suoi abituali percorsi.
Se, inoltre, risulterà vero che lo stupratore ha usato guanti di lattice, allora laggressione appare sempre più premeditata.
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